mercoledì 26 febbraio 2014
Storia
Una tragedia dimenticata: i pogrom di Sumgait
La tragedia degli Armeni continua quasi che ci sia un accanimento diabolico contro il primo popolo cristiano










 


Nella variegata Galassia del cristianesimo orientale un posto d’onore va assegnato agli Armeni, primo popolo al modo a convertirsi ufficialmente, in quanto tale, al Cristianesimo. Non appare per tanto azzardato pensare che il “Signore” di questo mondo, avendo un particolare motivo di animosità nei loro confronti, abbia inteso nei secoli “fargliela pagare”  e così la storia del popolo armeno e costellata come non mai di episodi di persecuzione, di massacri e deportazioni susseguitesi ad opera di quanti, una volta perduta la sovranità nazionale, si alternarono nel sottoporli alla propria dominazione.  Persecuzioni e massacri culminati nel primo vero genocidio del secolo XX perpetrato ai loro danni nell’Impero Ottomano guidato ormai, non dalla retrograda mano del Califfo, ma da quella modernizzante dei Giovani Turchi, radunati nel Partito del Progresso. Con la fattiva collaborazione dei Curdi, che così si impossessarono delle terre storicamente armene che oggi costituiscono gran parte del Kurdistan turco, le autorità di Istambul, a partire dall’aprile del 1915 intrapresero la deportazione nel deserto siriaco di tutta la popolazione armena residente nel territorio dell’impero. Deportazione che avvenne attraverso vere e proprie marce della morte che portarono allo sterminio di oltre un milione di persone. Ma la storia tragica di persecuzioni e pogrom nei confronti degli Armeni non doveva arrestarsi, non ostante l’orrore suscitato in tutto il mondo dallo sterminio di cui l’anno prossimo verrà ricordato il centesimo anniversario, ancora in tempi vicini a noi episodi del genere si sono tragicamente ripetuti.


Finita la prima guerra  mondiale quella parte di Armenia che apparteneva all’impero russo, dopo una effimera stagione di indipendenza, venne inglobata come repubblica federata nella Unione Sovietica. Alla fine degli anni 80 del  secolo scorso la non compianta URSS, sotto la guida di Michail Gorbaciov, cominciò a dare quei segni di sfaldamento che l’avrebbero portata nel breve volgere di qualche anno al crollo e al definitivo scioglimento. Le ufficialmente proclamate “glasnost” e “perestroika”  (trasparenza e ristrutturazione) diedero l’impressione ai popoli dell’URSS che si fosse inaugurata una stagione reale di riforme per le quali le storture del regime si sarebbero potute correggere nell’ambito della legalità socialista.


Così il 20 febbraio del 1988 il soviet della regione autonoma del Nagorno-Karabakh, abitata nella grande maggioranza da Armeni ma assegnata all’Azerbaigian da una decisione di Lenin all’indomani della rivoluzione, chiese di ritornare a far parte della Repubblica Federativa sovietica di Armenia. La delibera era presa in modo pienamente consono alla legalità sovietica e comunque non presupponeva nessuna azione unilaterale essendo l’ultima  parola in merito, appannaggio del soviet supremo di Mosca.  La cosa però venne accolta come una provocazione dalle autorità comuniste dell’Azerbaigian. Ovunque cominciarono a circolare voci di pogrom ai danni degli Azeri nella regione secessionista , nonostante chi provenisse da questa rassicurasse sulla assoluta tranquillità della situazione il risentimento nei confronti della comunità armena divenne crescente in tutto l’Azerbaigian. In particolare a Sumgait, una cittadina apochi chilometri a nord della capitale Baku, cominciarono a circolare personaggi che asserivano, chi di essere parente di Azeri uccisi dagli Armeni nel Nagormo-Carabakh, chi di aver assistito personalmente a questi episodi (1). Ben presto l’avversione per gli Armeni residenti prese corpo e divenne incontrollabile anche perché le autorità cittadine, soviet e forze dell’ordine comprese invece di adoperarsi per calmare gli animi e disperdere i gruppi di facinorosi si adoperarono per esacerbare lo scontro radunando la folla in comizi in cui ribadivano che i presunti crimini degli Armeni non sarebbero rimasti impuniti.


Il 27 febbraio 1988 nel disinteresse della milizia cominciarono le aggressioni agli Armeni di Sumgait. Dapprima alle loro proprietà, negozi saccheggiati e distrutti, auto bruciate, (2) sassaiole contro le abitazioni, poi le aggressioni alle persone riconosciute per strada. Il 28 ebbe inizio la vera e propria caccia all’Armeno. Vennero assalite le case e vi si consumarono atrocità inenarrabili che chi volesse tuffarsi nell’orrore può trovare descritte dai sopravvissuti nel volume “La tragedia di Sumgait “ (3)redatto da Samuel Shahmuradian immediatamente dopo i fatti e purtroppo tradotto e pubblicato in Italia solo nel 2012. Il pogrom andò avanti per 3 giorni durante i quali anche le autorità centrali dell’URSS fecero finta di non vedere tanto che solo ai primi di marzo vennero fatte intervenire truppe russe per porre termine a quelli che nel linguaggio ufficiale venivano definiti gli “Incidenti”di Sumgait. Le truppe inoltre , contrariamente al consolidato uso sovietico, il primo giorno intervennero disarmate, tanto che anche tra i soldati si contarono delle vittime, e solo successivamente autorizzate ad usare le armi contro i facinorosi. Il numero delle vittime reali non è mai stato reso noto anche perché intere famiglie scomparvero nel massacro . L’inchiesta successiva fece stato di 32 morti, cifra largamente riduttiva, ma dei 18000 Armeni che abitavano a Sumgait non ne rimase nessuno perché appena ne ebbero la possibilità fuggirono, abbandonando tutti i loro averi, chi nel Nagorno-Carabakh chi in Armenia chi in altre repubbliche dell’URSS. Anche molti dei 450.000 Armeni che vivevano in Azerbaigian a seguito dei fatti di Sumgait decisero di fuggire e non ebbero torto visto che quanto era successo colà si ripete ancora nel 1990 a Baku e in altre città azere per culminare poi nella sanguinosa guerra per l’indipendenza del Nagorno-Carabakh. Guerra che ancora miete quotidianamente le sue vittime sulla linea armistiziale.


E purtroppo non è questa l’ultima tragedia che ha colpito gli Armeni oggi ancora nel mirino ad Aleppo come e più delle altre comunità cristiane delle Siria aggredita e dilaniata dall’odio salafita.


Massimo Granata


 


1)    L’inchiesta successiva non riuscì a stabilire se l’episodio in questione fosse semplicemente inesistente o se si fosse trattato di un banale incidente d’auto in cui aveva perso la vita un Azero


2)    Il fatto che le auto fossero state individuate dalle targhe fa stato del coinvolgimento della polizia mentre l’ndividuazione precisa dei caseggiati con residenti Armeni da parte di sconosciuti testimonia del coinvolgimento delle autorità comunali.


3)    La tragedia di Sumgait di Samuel Shahmuradian editore Guerini e Associati. Prima edizione francese 1990 prima edizione italiana 2012




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