domenica 17 agosto 2025
Esteri
Brevi note “a caldo” sull’incontro Putin/Trump in Alaska
Russia e USA tornano a parlarsi, la guerra mondiale si allontana?

Come è noto il 15 agosto in una base militare statunitense in Alaska si è svolto l’attesissimo incontro tra le delegazioni russa e quella americana guidate dai rispettivi Presidenti Vladimir Putin e Donald Trump.



In primo luogo trovo significativa la data, il 15 agosto festa dell’Assunzione di Maria in Cielo. Non so se la circostanza sia casuale o sia stata voluta dai due Presidenti che si dichiarano entrambi Cristiani e quindi hanno in questo modo voluto invocare la protezione di Maria sull’incontro. Tendo a propendere per questa seconda interpretazione, con buona pace di Padre Livio che dai microfoni di Radio Maria continua a farneticare di un Putin (e adesso anche Trump) al servizio dell’Anticristo.



L’obiettivo dell’incontro era riallacciare i rapporti tra le due superpotenze in vista di una normalizzazione delle loro relazioni e tracciare un percorso che porti alla fine del conflitto in corso in Ucraina. Probabilmente il Presidente americano avrebbe voluto portare a casa la promessa di un immediato cessate il fuoco, ma l’obiettivo era oggettivamente irraggiungibile vista la posizione russa che dice “prima un accordo stabile e poi la fine delle operazioni militari attive”.



Benchè ben poco sia trapelato sul contenuto dei colloqui sembra che il suo esito sia stato nel complesso positivo. Solo il fatto della riapertura di un dialogo pacato tra le due superpotenze nucleari ( oltre 11.000 testate tra entrambe) dopo anni di reciproche minacce, sanzioni e ritorsioni è oggettivamente un bene in quanto allontana la prospettiva di una guerra mondiale che segnerebbe la fine della nostra civilizzazione. Sul conflitto ucraino sono convinto sia stato tracciato un percorso che dovrebbe portare alla pace. Lo dimostra la frase di Putin sulla speranza che gli Stati europei e l’Ucraina non interferiscano con sanguinose provocazioni sul processo che dovrebbe portare alla fine del conflitto. Secondo indiscrezioni sul cui fondamento non ho elementi per giudicare, le condizioni poste da Putin sarebbero, vista la situazione sul campo, alquanto generose:



- abbandono da parte dell’Ucraina delle ultime città del Donbas sotto il suo controllo e contemporaneo ritiro russo dai villaggi nelle provincie ucraine di Sumy e Kharkov occupati per creare una zona cuscinetto dopo la sciagurata iniziativa di Kiev contro la provincia russa di Kursk;



- congelamento del fronte nelle provincie di Kherson e Zaphorizia con conseguente rinuncia da parte russa all’occupazione dei capoluoghi provinciali;



- divieto per Kiev di aderire alla NATO;



- liberalizzazione dell’uso della lingua russa in tutte le provincie ucraine (attualmente vi sono restrizioni al suo uso anche presso le provincie a maggioranza russofona)



- cessazione di ogni persecuzione nei confronti della Chiesa Ortodossa facente capo al Patriarcato di Mosca, Chiesa a cui aderisce la maggioranza della popolazione ucraina.



Adesso sarà onere di Trump fare accettare queste condizioni al Presidente ucraino, magari ricordandogli quello che già gli aveva spiegato a febbraio vale a dire che senza il supporto militare americano l’esercito ucraino non potrebbe resistere più di una settimana.



Una nota a margine: è quanto mai divertente vedere la rabbia con cui i leader europei della cosiddetta coalizione dei volonterosi hanno accolto la loro esclusione dal vertice in Alaska. Ai loro latrati Trump e Putin potrebbero rispondere con la frase resa celebre dall’indimenticabile Alberto Sordi nei panni del Marchese del Grillo: “Perchè io so io e voi non siete un c...o!”



Mario Villani



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