sabato 12 luglio 2025
Politica e economia
L'Italia da quarta potenza economica a Paese sempre più povero e marginale
O forse,come auspica il nostro primo ministro, "superpotenza turistica"

Nel 1991 l'Italia divenne, stando ai parametri economici internazionali riconosciuti, la quarta potenza economica mondiale. Il nostro prodotto interno lordo, infatti, superò quello di nazioni europee tradizionalmente più performanti economicamente della nostra penisola, come Francia e Regno Unito. In Europa solo la Germania sovrastava economicamente l'Italia. Durante il decennio a cavallo degli anni 70-80 il nostro Paese affrontò crisi economiche e inflazione galoppante, ma durante il decennio successivo riuscì a risollevarsi grazie a politiche economiche e finanziarie per così dire più aggressive e a riforme volte a stimolare l'imprenditorialità e la modernizzazione delle infrastrutture del Paese. Si trattava di una politica che combinava il sostegno all'industria pesante e puntava molto alla crescita del settore manifatturiero, ma anche dei servizi; fu soprattutto in quel periodo, infatti, che il marchio "Made in italy" divenne sinonimo di qualità a livello mondiale. La classe politica e i conseguenti governi dell'epoca, a prescindere da colore, ideologia di riferimento, inciuci e corruzione, conservava una generica componente patriottica volta a difendere gli interessi nazionali e a garantire un ruolo non trascurabile al nostro Paese nel contesto internazionale dell'epoca. Credeva che lo Stato dovesse avere un ruolo attivo nel proteggere e promuovere gli interessi economici e geopolitici nazionali in particolar modo nel contesto mediterraneo. La classe politica italiana di quegli anni, al netto delle sue magagne, era anche caratterizzata da un certo pragmatismo orientato al progresso materiale e sociale della nazione, senza aderire ad un rigido statalismo.



Promosse una notevole modernizzazione delle industrie italiane, incoraggiando lo sviluppo tecnologico e investendo nella ricerca scientifica. Ebbene cosa accade a quell'Italia del 1991? Beh, arrivo il 1992, anno che potremmo definire l'inizio della fine. Arrivò il ciclone "mani pulite" che, col senno di poi, potremmo definire una sorta di golpe bianco. Nel giro di due anni l'Italia rivolta un sistema di potere che, nel bene e nel male, aveva gestito la cosa pubblica dalle macerie della seconda guerra mondiale in poi. Nei successivi anni le principali aziende pubbliche italiane furono svendute a gruppi privati prevalentemente stranieri. Ai sopraffini commentatori che imperversano i palinsesti televisivi non piace sentir parlare del Britannia, il panfilo da crociera della casa reale inglese messo a disposizione per un incontro al largo delle acque di Civitavecchia, lo liquidano come roba da complottisti. Ma in realtà quella festa della Repubblica, era infatti il 2 giugno del 1992, è ricordata per l'incontro tra i banchieri d'affari della City e il gotha dei dirigenti economici nostrani: i primi spiegarono ai secondi come si fanno le privatizzazioni, prendendo come esempio il lavoro svolto dalla signora Thatcher; non tenendo minimamente conto dell'incontrovertibile fatto che l'Italia dell'inizio degli anni 90 aveva ben poco da spartire con l'Inghilterra della fine degli anni 70. Comunque la torta da spartire era molto sostanziosa; erano in ballo circa centomila miliardi di vecchie lire; tale infatti era il valore stimato delle aziende di proprietà o partecipate dello stato italiano pronte ad essere smembrate. Erano le aziende che avevano contribuito a rendere il nostro Paese una delle nazioni più ricche del mondo; aziende alcune delle quali nate, prima del secondo conflitto mondiale durante l'esecratissimo e terribile ventennio, e altre nel primo decennio del dopoguerra. L'Italia uscì come ben sappiamo disonorevolmente sconfitta dal secondo conflitto mondiale ciò nonostante seppe resistere alle pressioni dei vincitori che imponevano un forte ridimensionamento dell'impresa di Stato. Anzi questa si estese ulteriormente nei tre decenni successivi, dimostrando una complessità di forme e di organizzazioni, non solo a livello centrale, evidenziando una fantasia e un'immaginazione tutte italiane: imprese pubbliche, aziende autonome, enti di gestione, hanno coesistito per decenni. Ben inteso qui non si intende affermare che fosse tutto "rose e fiori" le storture non mancavano di certo; corruzione e pratiche illegali erano presenti nei gangli del sistema. Ciò non di meno, come su detto, tale sistema aveva condotto l'Italia a divenire una vera potenza economica nei primi anni 90. La notevole crescita economica implicò anche un considerevole sviluppo sociale e delle condizioni di vita di gran parte della popolazione. L'alto livello di benessere delle famiglie superò quello di altri paesi industrializzati grazie anche al forte stato sociale costruito durante la cosiddetta Prima Repubblica. L'accesso alla sanità e all'istruzione terziaria era pressoché garantito alla grande maggioranza dei cittadini e il sistema pensionistico era tra i più prodighi del mondo. Il livello medio dei salari percepiti dai lavoratori italiani era secondo solo a quello di americani e tedeschi. Nel 1991 sembrava che tale florida condizione del nostro Paese fosse destinata a durare e l'ottimismo per il futuro era molto diffuso, ma poi arrivò, come su detto, il 1992. Arrivarono i magistrati, cavalieri senza macchia e senza peccato politicamente ben orientati dalla parte "giusta" che improvvisamente guardarono nell'altrettanto "giusta" direzione e videro la corruzione del sistema politico nazionale; chissà prima dove guardavano. Iniziò così la sequela di processi per corruzione a personaggi di spicco ben selezionati della classe politica di allora; si instaurò un clima infame come ebbe a dire un noto personaggio politico dell'epoca. Molti italiani, compreso chi scrive, non erano del tutto consapevoli di ciò che realmente stava accadendo; non pochi addirittura si illusero che l'inchiesta Tangentopoli, smantellando la vecchia classe politica corrotta, rappresentasse il vento del rinnovamento una sorta di repulisti al quale avrebbe fatto seguito la nascita di nuove formazioni politiche meno cialtrone e più adatte a una nazione come l'Italia dell'epoca. Ma mentre noi italiani eravamo intenti a seguire in TV le performance dei giudici di Mani Pulite qualcun altro pensava al nostro futuro. Come su detto, il panfilo Britannia salpò al largo di Civitavecchia, a bordo erano presenti uomini di banche d'affari di tutto il mondo compresi rappresentanti dei vertici della Banca d'Italia. A rappresentare il governo italiano c'era Mario Draghi, allora direttore generale del Ministero del Tesoro che, in seguito, sentì la necessità di giustificare la sua presenza raccontando di aver avuto via libera da Guido Carli, allora ministro del Tesoro. Peccato che quando Draghi raccontò questa storia Guido Carli fosse già morto. L'incontro sul panfilo inglese come su detto fu solo l'inizio dell'inesorabile declino della nostra nazione; da Paese economicamente florido e con un certo peso geopolitico a Paese sempre più povero e marginale. Recentemente però il nostro presidente del Consiglio, in un impeto di orgoglio patriottico, ha lanciato un'idea geniale: l'Italia deve tornare ad essere una superpotenza turistica. Ecco il nostro futuro: da potenza industriale a nazione di camerieri.



Urbano De Siato




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