Ho una discreta conoscenza della situazione siriana, sia per esservi stato agli inizi della guerra, sia per aver seguito le vicende di questa splendida nazione giorno dopo giorno. Per questo ho seguito con apprensione le ultime ore del regime di Assad, l’avanzata dei ribelli islamisti e la loro entrata in una Damasco che nessuno ha difeso.
Quanto è avvenuto fa sorgere dei legittimi interrogativi. La domanda fondamentale ovviamente è perché l’esercito siriano, quell’esercito che aveva resistito per 13 anni all’aggressione delle bande islamiste, si è sbandato ed ha consegnato il Paese agli aggressori praticamente senza combattere? Mi permetto di formulare alcune ipotesi.
Sicuramente hanno giocato vari fattori.
I traditori.
Un collasso di una struttura militare come quello a cui abbiamo assistito può avvenire solo se vi è una collusione tra lo Stato Maggiore (e non pochi ufficiali) ed il nemico, 8 settembre 1943 docet. Quello che è più che un sospetto viene confermato anche dalla lettura dei comunicati emessi dall’esercito siriano, ripetitivi e completamente fuori dalla realtà. Ogni qualvolta le bande ribelli si avvicinavano ad una città importante della Siria lo Stato Maggiore garantiva che erano state allestite a sua difesa linee e postazioni impenetrabili, salvo poi annunciare, quattro o cinque ore dopo, che l’esercito aveva abbandonato le “linee impenetrabili” e si era ritirato per “non coinvolgere i civili nei combattimenti”. Così è avvenuto per Aleppo, Hama, Homs e Daraa. Difficile non pensare ad un copione studiato a tavolino probabilmente con i servizi turchi e forse israeliani.
Perdita degli alleati
Tra gli amici, veri o presunti, di Assad solo la Russia ha partecipato ai combattimenti utilizzando la ventina di aerei che ancora sono presenti presso la sua base di Hmeim. I bombardamenti sulle colonne dei ribelli hanno rallentato di qualche giorno la loro avanzata, ma in assenza di una resistenza sul terreno non si poteva ottenere di più. Mosca poteva fare di più? Secondo me no. Non dimentichiamoci che la Russia è già impegnata in una guerra contro l’Ucraina sostenuta dalla Nato, deve mantenere una significativa presenza militare in Bielorussia per scoraggiare colpi di testa dei Polacchi e dei Baltici ed ha decine di migliaia di chilometri di confine da sorvegliare. Inoltre, nella quasi totale assenza di attività dell’esercito siriano l’intervento russo avrebbe dovuto essere ben più massiccio di quello del 2015, coinvolgendo decine di migliaia di militari ed un’imponente mole di attrezzature con problemi di trasferimento che certo non potevano essere risolti in pochi giorni. Un altro fedele alleato della Siria di Assad è sempre stato il movimento sciita libanese Hezbollah, ma oggi i suoi miliziani sono impegnati in un duro confronto con Israele ed inoltre è certamente stato indebolito dalla, magistrale per un verso criminale per un altro, operazione di annientamento della sua classe dirigente attraverso l’esplosione di telefonini e cercapersone manipolati dal Mossad. Nessun aiuto ha quindi potuto fornire al Presidente della Siria.
Rimane l’Iran che molti si aspettavano intervenisse massicciamente sia con le proprie Forze Armate che attraverso le milizie sciite irachene che Teheran, di fatto, controlla. Questo intervento non vi è stato ed anzi un reparto di Pasdaran iraniani dislocato nei dintorni di Aleppo si è ritirato senza combattere. Perchè? Circolano due ipotesi contrapposte:
1) l’Iran ha raggiunto un accordo con Israele che presuppone il suo abbandono degli alleati Assad ed Hezbollah in cambio di un allentamento della tensione tra i due Paesi. A favore di questa ipotesi vi sono alcuni indizi quale il mancato aiuto ad Hezbollah nella sua guerra contro lo Stato ebraico ed il fatto che i cercapersone esplosi tra le mani dei dirigenti del movimento libanese (e pare anche di molti ufficiali siriani) provenissero proprio dall’Iran. Nonché, aggiungo io, lo scambio di missili privo di danni avvenuto recentemente tra i due Paesi (una sceneggiata?).
2) contro questa versione dei fatti si sono recentissimamente pronunciati alcuni alti esponenti iraniani (tra i quali il Comandante dei Pasdaran) i quali invece scaricano proprio su Assad la responsabilità del mancato intervento iraniano. Secondo loro infatti il Presidente siriano avrebbe, in un primo tempo ignorato gli avvertimenti sull’imminente offensiva dei ribelli che venivano proprio da Teheran, e successivamente, ad avanzata nemica iniziata, rifiutato ogni aiuto dell’Iran per timore che questo provocasse un intervento diretto di Israele.
Nell’impossibilità di ascoltare dallo stesso Assad la sua versione dei fatti non possiamo che accontentarci delle ipotesi.
Migliore intelligenza tattica dei ribelli
Quando, nella prima fase della guerra iniziata nel 2011 gli islamisti riuscivano a prendere il controllo di una città si lasciavano immediatamente andare ad esecuzioni sommarie, rapimenti e saccheggi. Questo aveva spinto anche quella parte di popolazione siriana che non amava Assad a preferirlo comunque ai tagliagole islamisti. Nell’occasione della recente offensiva invece i cosiddetti ribelli hanno inizialmente evitato inutili spargimenti di sangue facendo sperare a molti una pacifica transizione. In realtà oggi, a guerra finita, sono cominciati i massacri su base religiosa che per il momento prendono di mira la popolazione alauita.
Quale sarà il futuro della Siria? Sarà divisa tra Turchia ed Israele? Cosa succederà al vicino Libano? Quale sorte attende le minoranze religiose? In un prossimo articolo, anche sulla base degli sviluppi sul terreno, vedrò di rispondere a queste domande, per il momento preghiamo la Vergine di Sednaya perché risparmi ulteriori sofferenze al popolo siriano.
Mario Villani