L’operazione di Hamas del 7 ottobre, così inspiegabilmente riuscita, consente ai suoi autentici registi di cogliere un incredibile successo. A margine dobbiamo constatare che le uniche parole veritiere vengono dal Segretario Generale dell’ONU e che la paura è la motivazione profonda dell’inazione europea.
Come fece notare Scipione Emiliano in un precedente articolo apparso su “Appunti”, l’operazione portata a termine da Hamas, il 7 ottobre scorso, poneva una serie di interrogativi a cui era difficile dare risposta. Ora, alla luce di quanto accaduto dopo quella data, ovvero la rappresaglia posta in essere dalla IDF, tuttora in corso, con le sue conseguenze anche internazionali, a quegli interrogativi si può forse dare una risposta. Lo stimolo a dare queste risposte, o meglio a darne una collettiva viene dalle parole di una persona che non gode delle mie simpatie, posta a capo di una istituzione, l’ONU che spesso si dimostra essere un inutile e costoso, quando non dannoso, carrozzone impegnato più che altro a mantenere il benessere delle proprie burocrazie, il Dott. Gutierrez Segretario Generale pro tempore. Subito dopo il 7 di ottobre, mentre si addensavano su Gaza le nubi della risposta israeliana Gutierrez ebbe ad affermare, con una frase sibillina:<< Quello che sta accadendo non nasce dal nulla>> A prima vista poteva sembrare una affermazione lapalissiana ispirata dalla costatazione che la pluridecennale oppressione sionista aveva provocato la reazione feroce e disperata dei palestinesi. Ma a ben vedere, alla luce di quanto è accaduto e sta tuttora accadendo nella “Striscia”, poteva anche significare che l’operazione di Hamas era stata deliberatamente lasciata sviluppare dal governo israeliano nei suoi aspetti più eclatanti, per avere una giustificazione morale, da offrire alla opinione pubblica interna e al mondo, nella realizzazione di progetti da tempo elaborati e posposti per attendere l’occasione favorevole. Questi progetti che consistono nella realizzazione dell’”Erez Israel”, la grande Israele, come “Stato degli Ebrei” cosa quest’ultima già prevista nella costituzione di Tel Aviv, e in subordine la realizzazione del Canale “Ben Gurion, da Eilat a Gaza, via d’acqua che farebbe una concorrenza spietata a Suez, e il libero sfruttamento dei giacimenti di gas naturale, scoperti dall’ENI davanti ad Alessandria in Egitto e che si prolungano sino a Cipro passando davanti alle coste di Gaza. A questo si può aggiungere che l’operazione militare di IDF si sta concretando nella distruzione di quella corrente di Hamas che, abandonando le velleità salafite dei Fratelli Musulmani, si stava concentrando esclusivamente nella lotta per la liberazione della Palestina (1). La distruzione sistematica di tutte le infrastrutture civili nella striscia pone le premesse per realizzarne la pulizia etnica, se non vogliamo chiamarlo genocidio. Dove dovrebbero mai ritornare i profughi se il 70% degli edifici in cui vivevano è stato distrutto. È chiaro che lo scopo di quanto l’esercito di Tel Aviv sta compiendo non è la mera distruzione dell’apparato militare di Hamas ma l’espulsione dei Palestinesi dai territori occupati (2) in modo che non ritornino.
Alla luce di quanto sta accadendo occorre dare uno sguardo alle reazioni della “Comunità” internazionale. L’occidente fa finta di nulla. Dopo quasi trentamila morti accertati, di cui un terzo bambini, e altre migliaia di feriti, dei quali i più gravi si avviano certamente alla morte grazie alla distruzione o alla inutilizzabilità provocata delle strutture sanitarie, si è dovuto attivare il governo sudafricano per ottenere la presa in esame, da parte della corte internazionale dell’ONU, dell’ipotesi che a Gaza si stesse perpetrando un genocidio. L’unico sostegno reale alla resistenza palestinese è venuto da Hezbollah in Libano e dagli Huthi Yemeniti. Questi ultimi hanno lanciato una campagna contro le navi in qualche modo riconducibili ad Israele o dirette a un porto israeliano, in transito nel Mar Rosso. Non ostante la milizia Yemenita abbia più volte affermato di non voler in alcun modo interrompere la navigazione commerciale nel mar Rosso, ma solo attaccare i nemici sionisti, l’intervento anglo-americano, al quale seguirà a breve quello europeo, con la pretesa intenzione di salvaguardare la libertà di navigazione, si traduce in una chiusura de facto del canale di Suez con danni economici immani non solo per l’Egitto che perde miliardi di dollari di diritti di transito ma anche per le economie europee costrette a far riprendere ai mercantili la rotta del capo nei commerci da e per l’oriente (3). Ora il comportamento di aperto sostegno a Israele ha molteplici ragioni. Da un lato la Potente “Israel Lobby” efficacemente descritta dai professori John Merscheimer e Stephen Walt che hanno pagato con la carriera la loro “impudenza” nel denunciare l’influenza nefasta dei sionisti sulle scelte dell’amministrazione USA. Essendo poi questo un anno elettorale i politici americani devono fare i conti con i 60 milioni di “Cristiani Sionisti” che sostengono gli estremisti israeliani perché distruggano le moschee della spianata e ricostruiscano il tempio. Ciò, secondo le loro menti malate, provocherebbe il Secondo Avvento di Nostro Signore e l’instaurazione del suo regno sulla terra. Ma l’argomento fondante e sostanziale per il sostegno acritico degli americani a Israele sta nella psicologia dei discendenti dei Padri Pellegrini che consideravano l’America la nuova terre promessa e vedono nel comportamento dei sionisti nei confronti dei Palestinesi una ripetizione di quello che loro hanno fatto ai Pellerossa. Diversa è la motivazione dei governi europei: La paura! Da quando, con una decisione sciagurata, il governo tedesco regalò a Tel Aviv i primi tre sommergibili di classe Dolphin Pende sulle capitali europee una spada di Damocle. La classe Dolphin è costituita da tre sommergibili elaborati sulla classe U209 prodotta dai cantieri HDW di Kiel, di proprietà della Thyssen Krupp, per la marina militare tedesca. I Dolphin sono armati con 10 tubi lanciasiluri, sei da 533 mm, il calibro standard dei siluri pesanti delle marine occidentali e quattro da 650mm. Questi ultimi tubi dovrebbero servire al lancio del missile da crociera, a cambiamento d’ambiente, a lungo raggio,
Popeye che può portare una testata nucleare di potenza variabile tra i 50 e i 200 kiloton. Alla classe Dolphin I si è poi aggiunta la classe Dolphin II, altri tre battelli di cui due già consegnati, copie elaborate, su specifiche israeliane, della classe U214, con le stesse potenzialità d’attacco dei Dolphin I ma con in più il sistema di propulsione AIP che consente di rimanere in immersione per lunghissimi periodi, come sottomarino nucleare, ma con una rumorosità minima caratteristica delle propulsioni diesel\elettriche. Questi sommergibili garantiscono a Israele la possibilità di un colpo nucleare di ritorsione. Quello che le opinioni pubbliche non sanno, ma i governi si, è che queste ritorsioni non riguarderebbero solo gli eventuali attaccanti ma anche quelle nazioni che non fossero intervenute a sostegno dell’entità sionista. Questo, data la gittata dei Popeye, pone sotto minaccia la gran parte delle capitali e delle città importanti dell’Europa occidentale. Che sia esattamente questa la strategia è stato esplicitato in più occasioni e dichiarazioni pubbliche dal prof. Martin Van Creved, storico e politologo israeliano, legato a filo doppio con la classe dirigente israeliana, una sorta di Luttwak di Tel Aviv, che non ha esitato a lasciare che si definisse questa dottrina, elaborata sembra da Arik Sharon, come “Muoia Sansone con tutti i Filistei”.
Appare chiaro pertanto che anche solo mostrarsi timidamente critici nei confronti della volontà genocida di Netanyahu e i suoi folli complici, per noi europei sia una velleità suicida.
Massimo Granata
1 La dimostrazione che bersaglio della furia israeliana siano i Palestinesi e quella frangia di Hamas che ha lasciato i Fratelli Musulmani è data dal fatto che il capo di quest’ultima corrente, Khalil Hayya è stato assassinato, con un omicidio mirato a Beirut mentre i capi dell’altra fazione vivono tranquilli a Doha;
2 A riprova che questo sia il progetto vi è fra l’altro l’accusa rivolta ad una decina di dipendenti dell’UNWRA, l’agenzia dell’ONU per il sostegno umanitario, di aver partecipato all’attacco del 7 ottobre. Questo ha portato all’immediata interruzione dei finanziamenti all’agenzia da parte, tra gli altri, del governo italiano. Ora, a prescindere dal fatto che IDF non ha fornito nessuna prova di quanto afferma, che nel frattempo le operazioni belliche hanno portato alla morte un centinaio di dipendenti ONU, che nella striscia sono più di 10.000, quanti , delle centinaia di infiltrati che ShinBet e Mossad mantengono in Hamas (Creatura di Israele ricordiamolo), hanno partecipato ai fatti del 7 ottobre;
3Il tragitto più lungo di una quindicina di giorni comporta un aggravio notevole di spese e per i noli più alti e perché comporta problemi alle nostre produzioni manifatturiere sempre più dipendenti dai semilavorati provenienti dall’estremo oriente;