domenica 3 dicembre 2023
Politica e economia
Giulia Cecchettin ed il "femminicidio patriarcale"
Qualche riflesione

Secondo il sito del Ministero dell'Interno in Italia nel 2023 sono state 106 le donne uccise di cui 87 in ambito familiare/affettivo, tuttavia secondo il sito femminicidioitalia.info la lista completa di nomi e date si ferma a 39 vittime. Una simile dissonanza nei dati è dovuta probabilmente ai diversi parametri che portano alla classificazione di un omicidio come femminicidio, termine che io peraltro considero fuorviante nel senso che dà al delitto una connotazione di gravità superiore a quella di un omicidio “normale” (cioè di un uomo, per ovvia esclusione).



Comunque i fatti sono questi: Giulia Cecchettin, ventiduenne laureanda in ingegneria biomedica è stata uccisa a coltellate dall'ex fidanzato Filippo Turetta. Fatte le ovvie tristi considerazioni su una giovane vita stroncata da un atto criminale e dal conseguente ergastolo (di più non si può) che spero venga comminato al colpevole, quello che è emerso è stato un fenomeno mediatico senza precedenti.



Qualcuno ricorda i nomi di Giulia Donato, Melina Marino, Pierpaola Romano? Sono solo alcune delle donne uccise nel 2023 in Italia, nomi passati come meteore nei telegiornali, ricordati per un paio di giorni, poi caduti nell'oblio del tritacarne giornalistico tra una controffensiva ucraina e una dichiarazione della Ferragni. Nessuna di queste morti ha avuto nemmeno lontanamente l'eco mediatico della morte della povera Giulia Cecchettin.



Padova, Milano, Firenze, manifestazioni in tutto il paese, minuti di silenzio nelle palestre, nelle scuole, trasmissioni televisive praticamente monopolizzate dai vari aspetti della triste vicenda, talk show dominati dai soliti psicologi da supermercato che hanno “uscito la qualsiasi” assurdità. Gli avvoltoi politici banchettano sul cadavere di Giulia Cecchettin. Gli artisti del regime: Pelù, Renga solo per citarne due fra tanti, chiedono pubblicamente scusa a Giulia per colpe che non hanno commesso, generalizzando e colpevolizzando tutto l'universo maschile. Colpa dell'istruzione, colpa dell'educazione, colpa delle famiglie, della mascolinità tossica, del patriarcato. A tutti questi opinionisti, giornalisti, femministe, intellettualoidi prezzolati di Giulia non frega un… bel nulla ma l'occasione è ghiotta per portare acqua al proprio mulino (tipo assaltando la sede di Provita…).



Perché Giulia? Perché stavolta il “femminicidio” è più grave? Perché l'omicida è un italiano, bianco, con una famiglia alle spalle e per di più veneto quindi proveniente da una regione, almeno sulla carta, tradizionalmente cattolica. Qualcuno ricorda un simile movimento d'opinione per l'omicidio di Pamela Mastropietro? La diciottenne maceratese fu stuprata, assassinata e fatta a pezzi con strumenti da macelleria nel gennaio 2018 e fatta ritrovare in due valige. Non mi pare di ricordare in quell'occasione opinionisti stracciarsi le vesti contro il patriarcato o la violenza “di genere” e non ricordo nemmeno artisti e giornalisti gridare la vergogna contro l'uomo in generale, eppure internet esisteva già da un po'… Non sarà perché l'assassino era uno spacciatore nigeriano?



L'ordine di scuderia che è passato è di leggere questo triste evento come una conseguenza dell'educazione di una società patriarcale. In pratica quello dell'assassino sarebbe un comportamento derivante da un residuo di educazione patriarcale arcaica che percepirebbe la donna come una proprietà priva di una sua indipendenza e identità personale disgiunta dalle autorità maschili tradizionali: marito, padre, patriarca. Nulla di più assurdo. Una società patriarcale, tipica di una civiltà contadina appartenente al recente passato delle nostre campagne, è un corpo sociale costituito da una o più famiglie dove per dirimere eventuali questioni pseudolegali ci si rivolgeva al maschio più anziano, cioè al patriarca. Queste società erano caratterizzate da una scarsa relazione con la giustizia ordinaria, ove presente, per cui molte diatribe andavano risolte per così dire dalla saggezza e dalla temperanza degli anziani che mitigava l'irruenza dei più giovani. Accomunare il delitto Cecchettin alla società patriarcale equivale a non conoscere il significato dei termini, prerogativa che ultimamente mi pare condizione necessaria e sufficiente per poter disporre di uno scranno televisivo dal quale arringare gli ascoltatori, a patto ovviamente di non uscire dal seminato politicamente corretto.



Episodi come il delitto Cecchettin, al contrario, sono figli di un'educazione tutt'altro che patriarcale, sono figli di un'educazione in cui dalla più tenera età tutto è permesso sia ai maschi che alle femmine, figli di un'educazione in cui si difendono i lazzaroni dai professori, figli di un'educazione in cui un sonoro e meritato schiaffone materno è considerato reato, figli di una cultura sessantottina che ha travestito l'immoralità spacciandola per libertà sessuale, figli di una cultura che ha privato il rapporto di coppia del rispetto reciproco, della coscienza dell'altra persona, svilendo e riducendo il rapporto sessuale a un banale accoppiamento fisico. Ci vuol altro che un'ora a settimana di educazione alle relazioni tenute da influencer cantanti e attori…



Ignoranza, egoismo, egocentrismo, narcisismo, assenza di senso di responsabilità, infantilismo, ecco cosa ha ucciso Giulia Cecchettin, altro che patriarcato.



Fabio Dalla Vedova




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