venerdì 25 agosto 2023
Religione
Gli Eroi, quelli veri…
La storia del medico santo di Nagasaki

Avevo preparato un articolo sul “Forum dell’indipendenza italiana” organizzato da Gianni Alemanno ad Orvieto e tenutosi alla fine di luglio. L’obbiettivo dichiarato del convegno era quello di raccogliere aree di destra scontente dell’operato del governo Meloni in vista della possibile costituzione di un nuovo soggetto politico. Rileggendo l’articolo però mi ha colto una sgradevole sensazione di dejà vu. Ho la netta sensazione che ci troviamo davanti all’ennesimo tentativo di mettere in piedi un contenitore per raccogliere ( e neutralizzare) il malcontento di settori più o meno ampi dell’opinione pubblica. Nel recente passato operazioni di questo genere ne abbiamo viste a bizzeffe, da Salvini ai 5 Stelle fino ad arrivare a Paragone ed alla sua Italexit. Ho quindi gettato direttamente nel cestino l’articolo che avevo preparato ed ho cambiato radicalmente argomento.



Siamo nel mese di agosto, mese durante il quale ricorre l’anniversario dell’unico (fino ad oggi) uso di bombe atomiche contro centri abitati, vale a dire le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Probabilmente gli obbiettivi non vennero scelti a caso. Hiroshima e ancor più Nagasaki erano le città con la più alta percentuale di Cattolici di tutto il Giappone il che fece sorgere sospetti persino al Cardinale Biffi il quale ebbe a scrivere: «Possiamo ben supporre che le bombe atomiche non siano state buttate a casaccio. La domanda è quindi inevitabile: come mai per la seconda ecatombe è stata scelta, tra tutte, proprio la città del Giappone dove il cattolicesimo, oltre ad avere la storia più gloriosa, era anche più diffuso e affermato?».



Nell’ospedale di Nagasaki lavorava come medico radiologo il dottor Takashi Nagai, il protagonista della nostra storia. Takashi nasce nel 1904 a Matsue in una famiglia di devoti scintoisti. Il padre, come il nonno, erano medici ed abbinavano la medicina tradizionale giapponese alle scoperte che arrivavano dall’Occidente. Anche Takashi decide di dedicarsi alla medicina e si laurea all’università di Nagasaki. Durante gli studi universitari abbandona completamente la sua fede scintoista ed abbraccia il più rigido ateismo positivista. Le sue convinzioni però cominciano a vacillare in occasione della morte della madre (avvenuta nel 1930) in quanto lui stesso scrisse di aver visto negli occhi della morente una luce interiore di cui non sapeva dare spiegazioni. Comincia a porsi delle domande e qualcuno gli fa leggere le opere di Pascal, Takashi ne è affascinato, ma siamo ancora ben lontani da una vera e propria conversione. Nel 1932 Takashi conosce una ragazza cristiana, Maria Midori, e se ne innamora. Sarà lei, insieme al parroco del quartiere di Urukami, il sobborgo cristiano di Nagasaki, a condurre lentamente il suo fidanzato alla Fede. La svolta definitiva avviene dopo avvenimenti drammatici. Nel 1933 Takashi viene inviato come soldato a combattere nel conflitto con la Cina e qui è testimone delle brutalità più inimmaginabili: massacri, torture, uccisioni di civili. Al ritorno in patria viene tentato, come molti altri reduci, dal cosiddetto “fronte del porto” vale a dire dedicarsi all’alcol per annegare le immagini strazianti di violenza che si porta dentro. Grazie all’aiuto di Maria Midori supera la crisi, inizia a frequentare la S. Messa nella splendida cattedrale di Nagasaki e finalmente il 9 giugno 1934 riceve il Battesimo con il nome di Paolo, in ricordo del martire giapponese Paolo Miki, crocefisso nel 1597 durante le persecuzioni anticristiane. Paolo Takashi, già medico diligente e preparato, dopo la conversione diventa un esempio per tutti i suoi colleghi per l’amore e la dedizione che dedica agli ammalati. Di lui si dice che “guarisce con il cuore”. Il ramo medico che ha scelto, la radiologia, non è scevro di rischi (dei quali Paolo era perfettamente cosciente). Siamo infatti agli albori di questa scienza e le protezioni fornite agli operatori non garantiscono loro la sicurezza dalle radiazioni. Nel giugno del 1945 infatti Takashi si ammala di leucemia, fortunatamente un forma non troppo aggressiva, ma questo non gli impedisce di continuare nel suo lavoro anche perché l’ospedale è sovraffollato dai feriti che arrivano dai campi di battaglia.



L’8 agosto abbraccia per l’ultima volta sua moglie, prima di andare in città per una guardia medica notturna. Il giorno seguente, 9 agosto 1945, alle 11.02 del mattino, la bomba atomica esplode a 500 metri d’altezza, proprio di fronte alla cattedrale, che sarà completamente distrutta. I morti nell’esplosione sono 70 mila, altre migliaia moriranno nei mesi successivi.



Paolo Takashi rimane ferito per il crollo di parte dell’ospedale, ma malgrado questo si prodiga per aiutare tutti quelli che arrivano all’ospedale alla ricerca di aiuto. Quando finalmente ritorna a casa fa la scoperta più dolorosa, anche la sua amata Maria è morta: di lei sotto le macerie della casa, ritrova solo pochi resti e il suo rosario.



Nei mesi successivi le condizioni di salute di Paolo Takashi peggiorano costantemente, la leucemia lo devasta e non può più muoversi dal letto dove passa il tempo pregando e ricevendo visitatori a cui offre parole di speranza e di ottimismo.



Paolo Takashi muore il primo maggio 1951. Gli ultimi giorni chiede di essere portato alla facoltà di medicina in modo che gli studenti possano vedere come assistere un ammalato in quelle condizioni.



Ai funerali assistettero ventimila persone. Tutta la città di Nagasaki osservò un minuto di silenzio nel momento in cui suonarono le campane di tutti gli edifici religiosi. Un paio di anni prima, di fronte ai tanti che già lo trattavano come un santo, disse: 



«La luna che illumina il cielo notturno non è che un freddo ammasso di materia che riflette la luce del sole. Il sole è Gesù. Anch’io rifletto soltanto un po’ della. sua luce. Senza Dio, sarei soltanto un servo inutile».



Mario Villani



 



 




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