venerdì 17 febbraio 2023
Storia
Alarico re dei Goti
Un barbaro fra i tanti o qualcosa di piu'?

Cupi a notte i canti suonano



da Cosenza sul Busento



Cupo il fiume li rimormora



dal suo gorgo sonnolento.



Su e giù pel fiume passano



e ripassano ombre lente.



Alarico i Goti piangono,



il gran morto di lor gente.”



 



Così Giosuè Carducci sulla morte di Alarico,non un capo fra i tanti,ma il primo vero re dei Goti.



Nel novero delle numerose popolazioni barbariche che tanto malamente ci sono state descritte sui banchi di scuola,i Goti occupano senza dubbio un posto particolare e speciale,che si sono ampiamente guadagnati.



Popolo originario del Gotaland,una regione del sud dell'attuale Scandinavia,dopo una lenta ma continua migrazione all'incirca nel II secolo dopo Cristo arriva a stanziarsi in un territorio molto vasto che va dalle rive del Danubio alle coste del Mar Nero;al di qua del Dnestr i Tervingi,al di là i Greutungi,i due rami principali.



Ironia della sorte,dopo tutto questo peregrinare finiscono per diventare i vicini di casa scomodi dell'Impero Romano,probabilmente la realtà più litigiosa della storia umana.



I Romani sono però abituati da secoli a trattare col vicinato,perlopiù molto bruscamente,e non vedono un reale pericolo in questo popolo,anzi.



I Goti sono attratti dalla magnificenza dell'Impero,dal suo ordinamento,dalla sua cultura,dai suoi usi e soprattutto dalla sua ricchezza;la loro speranza è di riuscire a farne parte,di farsi integrare,non hanno intenzioni bellicose. Certo,essendo un popolo guerriero ed essendo usi a far razzie nel vicinato,ogni tanto gli scambi non erano solo commerciali,ma ben presto si resero conto che non era mai conveniente tirare troppo la corda con i Romani,che avevano sempre avuto la buona abitudine di restituire pan per focaccia. E così le varie scorrerie avevano come conseguenza l'immediata reazione della controparte,che finiva mediamente allo stesso modo:villaggi bruciati,donne e bambini catturati come schiavi,i guerrieri sopravvissuti intruppati seduta stante nell'esercito imperiale,che guadagnava combattenti fedeli e coraggiosi.



Le cose andarono avanti così fino alla fine del IV secolo,quando dalle steppe eurasiatiche un'orda selvaggia di cavalieri si abbattè sulle popolazioni gote:erano arrivati gli Unni.



Nonostante il loro valore in battaglia,i Goti furono sopraffatti da questi diavoli a cavallo che non si offrivano al combattimento ravvicinato ma tempestavano il nemico con nugoli di frecce,attaccando improvvisamente ed altrettanto velocemente ritirandosi al riparo di una eventuale controffensiva;fu subito chiaro che la partita era persa e la salvezza significava abbandonare case e terre ai vincitori e migrare nuovamente,e



fu così che i Goti furono costretti a bussare alle porte dell'Impero.



L'imperatore Valente,che al momento era impegnato nella difesa dei confini orientali dalla costante minaccia persiana,accettò di buon grado di farli entrare. Al di qua del confine c'erano vasti territori incolti in cui insediarli;nuovi abitanti uguale nuovi agricoltori uguale ulteriori entrate fiscali per le casse sempre vuote dello Stato,e poi,soprattutto,nuovi soldati per rimpolpare le fila di un esercito sempre indebolito da continue,incessanti battaglie.



Diede così ordine a Lupicino,il suo Comes rei militari,di organizzare il traghettamento dei Goti al di qua del Danubio.



Lupicino,che era un suo valido e fedele ufficiale,questa volta sbagliò tutto quello che era possibile sbagliare:trasformò un'operazione di appoggio e soccorso in un violento saccheggio ai danni di povera gente in fuga e tentò anche di eliminarne la classe dirigente. Il risultato fu la battaglia di Adrianopoli,dove l'Impero d'Oriente conobbe la sua Canne e i Goti presero coscienza della loro forza:da lì in poi i rapporti fra le due parti sarebbero cambiati radicalmente.



L'imperatore Valente morì durante la fuga;il suo successore Teodosio ci mise anni a ricucire lo strappo e a ritrovare il giusto modus vivendi con i nuovi cittadini,ma lo fece talmente bene che nel 394,quando si scontrò con l'usurpatore Eugenio nella battaglia del fiume Frigido,l'avanguardia del suo esercito,quella che combattè più duramente e che ebbe le maggiori perdite,era composta da Goti,ed alla loro testa stava un giovane e valorosissimo guerriero di nome Alarico. Visto il pesante tributo di sangue offerto alla causa romana,Alarico ed il suo popolo si aspettavano segni tangibili di riconoscenza da parte dell'imperatore,il quale,invece,li confinò semplicemente nell'Illirico a far da cuscinetto alle continue pressioni dell'esercito occidentale.



Stanco diquesta situazione di stallo Alarico,dopo aver saccheggiato a più riprese Grecia ed Epiro,si diresse verso i territori occidentali,deciso a reclamare quello che gli veniva negato ad oriente.



Pur entrando in Italia da magister militum,e non da barbaro invasore,la sua presenza fu vista come una minaccia,così da portarlo allo scontro col comandante militare occidentale,Flavio Stilicone,generale anch'egli di origini barbare,che gli inflisse due decise sconfitte,a Pollenzo ed a Verona,limitandosi però a cacciarlo appena dopo il confine,con l'intento di servirsene eventualmente in futuro per le sue mire politiche.



Ma Stilicone andò incontro ben presto ad una congiura di palazzo ordita dallo stesso imperatore Onorio,che lo fece arrestare ed uccidere con l'accusa di congiurare contro l'impero.



Alarico non poteva sperare in un'occasione migliore per ridiscendere di nuovo in Italia e proporsi come legittimo successore di Stilicone.



Onorio,che aveva grossi problemi a causa dell'usurpatore Costantino,tergiversò a lungo,promettendo e ritrattando,finchè Alarico perse la pazienza ed entrò a Roma con il suo esercito e per tre giorni la saccheggiò,portandosi al seguito anche Galla Placidia,la sorellastra dell'imperatore.



Fu un sacco tutto sommato limitato,nulla a che vedere con quello che opereranno in seguito i Vandali o i Lanzichenecchi,ma Alarico non aveva potuto farne a meno:era un re,ed il suo popolo si aspettava da lui vittorie e ricchezze.



Si rendeva però conto che questo gesto significava la fine di ogni sua ambizione e di ogni suo rapporto con un impero gigantesco che poteva permettersi di perdere delle battaglie,come era successo in passato,ma che poi si era sempre ripreso e vendicato con estrema ferocia.



L'unica strada che gli rimaneva aperta era l'Africa,ma proprio mentre vi stava per condurre il suo popolo morì,probabilmente di febbre malarica.



I Visigoti,poi,emigreranno in Gallia e poi in Spagna,rientrando nell'ambito dell'impero come regno romano-barbarico,convertendosi poi al cattolicesimo.



Nel corso dei secoli un destino simile toccò anche ad altri popoli “barbari”:in un modo o nell'altro anche i Longobardi,i Franchi,i Bavari si fonderanno con quel che rimaneva dell'impero,innestandosi su un efficientissima macchina burocratica ed amministrativa ed una strepitosa economia agricola e commerciale per arricchirlo di una classe militare guerriera formidabilmente valorosa.



La presenza,poi,di una Chiesa che diventava ormai il collante ed il punto di riferimento di tutti questi elementi diede il via ad un processo storico da cui scaturì l'Europa cristiana.



Vogliamo fare confronti con l'Europa attuale?



Come già dissi una volta,quella fu opera di barbari,questa di selvaggi.



Claudio Pretari




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