Con il termine foiba, che deriva dal latino fovea, vengono chiamati gli inghiottitoi naturali tipici delle aree carsiche e si tratta di voragini naturali profonde decine e talvolta centinaia di metri che costellano una vasta area che va dai confini orientali del Friuli fino alla Croazia. Durante, ma soprattutto alla fine della seconda guerra mondiale, vennero largamente usate dai partigiani comunisti fedeli a Tito per far sparire persone sgradite al nascente regime per ragioni etniche (erano italiani) o politiche (in quanto anticomunisti). Migliaia di persone vennero gettati in queste cavità, sovente ancora vive e lasciate morire di fame e di sete. Il numero esatto è ancora oggi sconosciuto perché non tutte le foibe utilizzate per questa orrenda serie di eccidi sono state scoperte ed esplorate. Persino la più conosciuta, quella di Basovizza, non è ancora stata completamente esplorata a causa della presenza di ordigni bellici inesplosi gettati nella foiba dai titini al termine del massacro.
Recentemente una notizia drammatica è giunta dalla Croazia e precisamente dal villaggio di Sosice al Confine con la Slovenia. Dalla vicina foiba di Jazovka, sono stati riesumati nei giorni scorsi i resti di ben 814 vittime.
La prima indagine sui cadaveri era stata condotta nel settembre 2019 mentre l'esumazione è iniziata il 13 luglio di quest'anno, a seguito dell'autorizzazione rilasciata il 22 giugno dal viceministro croato che dirige anche il Dipartimento per i detenuti e le persone scomparse, Stjepan Sucic, ed è durata una settimana circa.
Nei pressi di questa foiba ce ne sarebbe un'altra, ed il piano ora è quello di condurre una nuova ricerca in questa cavità, che gli speleologi hanno già denominato "Jazovka 2".
Tra le vittime, insieme ai membri delle formazioni ustascia e dei domobranci catturati, c'erano i feriti, le infermiere e le suore prelevate dai partigiani dall'ospedale Santo Spirito (Sv. Duh) di Zagabria dopo la “battaglia di Krašic”, nel 1943, e poi nel maggio 1945.
Ma com'è stata "scoperta" la Foiba Jazovka?
Intanto cominciamo col dire che le ricerche e la riesumazione delle salme è stata possibile grazie alle richieste delle Associazioni dei veterani di guerra croate.
Jazovka fu perlustrata la prima volta dallo speleologo di Karlovac, Mladen Kuka, il 22 gennaio 1989, 14 anni dopo le prime denunce sui giornali jugoslavi del massacro con la pubblicazione dei primi articoli, seguiti al primo dibattito scatenato in Jugoslavia (Tito era ancora vivo) paradossalmente proprio dal libro denuncia di Boris Pahor, recentemente insignito della massima onorificenza italiana.
Oltre dieci anni dopo, nell'agosto 1999, gli speleologi di Karlovac, con l'aiuto del patologo Žarko Danilovic, iniziarono una sorta di vera e propria “catalogazione” dettagliata degli scheletri, all'interno della fossa, senza rimuoverli.
La ricerca condotta nelle viscere della cavità rivelò che le vittime erano state legate con un filo di ferro prima di essere gettate nella fossa, dopo essere state colpite alla nuca: la maggior parte dei teschi rinvenuti presentavano fratture causate da un oggetto contundente.
Dopo le prime analisi, nell'agosto 1999, Danilovic rilasciò in una conferenza stampa le seguenti dichiarazioni:
"Siamo già in possesso di tutte le prove che i resti delle vittime appartengono ai feriti dell'ospedale Sv. Duh di Zagabria, prelevati dai partigiani comunisti immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, circa 270 persone, i quali sono stati portati a Sošice, liquidati sul posto con un colpo alla nuca sferrato da un oggetto contundente, e fatti precipitare nella voragine. Una delle prime e più precise testimonianze raccolte, che ci hanno consentito di individuare la foiba, è quella di un partigiano che guidava la "corriera della morte" che portava i feriti dall'ospedale a Jazovka. Quando vide, alla fine del primo viaggio, ciò che succedeva, si rifiutò di guidare ancora l'autobus".
Dalle indagini effettuate all'interno della cavità nel 1999 venne registrato il numero di 476 cadaveri e soltanto la riesumazione ha permesso di stabilire il numero esatto delle vittime, cioè 814, quasi il doppio, quindi, di quello stimato allora.
La Foiba di Jazovka ha una profondità di circa 40 metri e la distanza tra l'apertura e il primo strato di ossa è di circa 30 metri.
Dopo l'esumazione, tutti i resti delle vittime, tra cui quelli di numerose donne e bambini, come abbiamo già evidenziato nel post precedente, sono state portate nei frigoriferi dell'Istituto di medicina legale di Zagabria, in attesa dell'avvio della procedura di identificazione.
Ora le ricerche si concentreranno sulla foiba "Jazovka 2", cavità che dovrebbe contenere diverse altre centinaia di vittime.
Mario Villani – un ringraziamento all’Unione degli Istriani dalla cui pagina Facebook sono state tratte molte delle informazioni sulla Foiba di Jazovka