lunedì 27 ottobre 2008
Religione
Gli eroi dell'Europa Cristiana: Monsignor Aloisius Stepinac
Nel decennale della beatificazione ricordiamo questo indomito difensore della Chiesa e del suo popolo






















Il 3 ottobre 1998, con una solenne cerimonia nella cattedrale di Zagabria, Sua Santità Giovanni Paolo II° proclamava Beato il Cardinale Aloisius Stepinac, coronando con questo solenne atto il suo secondo viaggio in Croazia.
Questo gesto, accolto con manifestazioni di gioia dai Cattolici croati, venne allora accompagnato da polemiche manovrate da quelle centrali propagandistiche internazionali che ritengono di avere il diritto esclusivo ad attribuire lo status di martire e di perseguitato (non di rado ad autentici persecutori) ed insorgono quando qualcuno che si è realmente meritato la palma del martire viene riconosciuto come tale coram populo.
Ma chi è stato Aloisius Stepinac, Cardinale di Santa Romana Chiesa e martire della Fede?
Aloisisu Stepèinac nacque a Krasic, nella Bela Kraina a sud di Carlovac, l’8 maggio 1898, suddito di sua Maestà Francesco Giuseppe, Imperatore d’Austria e Re d’Ungheria, alla quale ultima è associata la corona di Croazia. Al battesimo il parroco gli predisse un futuro da principe della Chiesa, augurio che probabilmente rivolgeva a tutti i bambini, ma che nel caso si rivelò particolarmente profetico. Certo è che la famiglia, povera di mezzi, per consentirgli gli studi, lo affidò al seminario minore di Zagabria, com’era consuetudine non solo in Croazia, ma presso tutte le nazioni cattoliche dove la Chiesa si faceva carico dell’istruzione dei figli dei poveri accogliendoli nei propri seminari minori. Questo nella piena consapevolezza che molti di loro, non avendo una vocazione al sacerdozio, al compimento degli studi avrebbero scelto di ritornare nel “mondo”. Così avvenne a Stepinac che pur avendo di massima deciso di abbracciare la vita sacerdotale fu travolto dagli eventi. Bocciato alla maturità ( e sì anche i futuri santi possono fare la figura degli “asini”) e quindi impossibilitato ad iscriversi ai corsi superiori dovette arruolarsi. Si era nel 1916 e l’imperial-regio esercito, afflitto da una cronica scarsità di uomini, doveva arruolare le classi dei diciottenni. Dopo una breve parentesi alla scuola ufficiali il futuro Cardinale venne inviato sul fronte italiano dove partecipò alla battaglia di sfondamento del 1917 e all’ultimo sforzo dell’Austria-Ungheria per vincere la guerra sul fronte occidentale, la battaglia del Piave. Nel corso di questo evento bellico Stepinac venne catturato ed inviato in Umbria in prigionia.
Finita la guerra rientrò a Krasic, ora sottoposta all’autorità del Regno dei Serbi dei Croati e degli Sloveni, che presto sotto il pugno di ferro della dinastia Karadjordjevic diventerà regno di Jugoslavia. Aloisius, non sentendo più il richiamo del sacerdozio, intraprese l’attività di agricoltore, ma gli affari andarono male e nel contempo fallirono tutti i suoi tentativi di “mettere su” famiglia. Mentre si trovava in questa travagliata situazione la sollecitudine pastorale di Monsignor Loncaric, suo maestro al seminario minore, risvegliò in lui la vocazione. Monsignor Loncaric lo raccomandò per il collegio germanico di Roma e qui Stepinac intraprese il suo cammino verso il servizio sacerdotale. Dopo il Germanico frequentò l’Università Gregoriana e infine, nel 1930, a trentadue anni Aloisius Stepinac venne ordinato sacerdote.
Rientrato a Zagabria venne nominato Cerimoniere Vescovile e pochi anni dopo, nel 1934, divenne, a seguito dei veti posti dal governo serbo-massonico alla nomina di altri sacerdoti troppo solleciti alla causa della Croazia oppressa, Vescovo coadiutore di Zagabria con diritto automatico di successione sulla Cattedra Arcivescovile.
Così soli tre anni dopo, nel 1937, alla morte di Monsignor Bauer, divenne Arcivescovo di Zagabria e Metropolita di Croazia. In questa veste continuò con ancor più vigore la sua opera pastorale di rinnovamento e consolidamento della Fede e delle istituzioni e prese totalmente sulle sue spalle il peso dello scontro sempre più duro con il governo dei Karadjordjevic. Questi erano in parte promotori ed in parte prigionieri dei loro mentori massoni, nell’attuazione di una politica di oppressione delle nazionalità inglobate nella Jugoslavia e del Cattolicesimo, ritenuto ostile ad una Chiesa Ortodossa il cui credo era ormai ridotto a puro formalismo. L’opera pastorale già così difficile lo divenne ancora di più nel breve volgere di qualche anno con lo scoppio della seconda guerra mondiale che travolse l’Europa e non risparmiò la Jugoslavia.
Il crollo dello stato jugoslavo, nel 1941, battezzava la nascita di uno stato croato indipendente. IL Metropolita non poteva che esserne contento, da quel sincero patriota che era, e pur tuttavia non poteva sfuggirgli che nessuna libertà reale poteva darsi ad uno Stato in seguito all’occupazione del territorio da parte di armate straniere. Ante Pavelic, Poglavnik di Croazia, pur avendo proclamato la Croazia stato cattolico, aver promosso il rafforzamento della famiglia e della morale pubblica nonché aver avviato, almeno sulla carta, riforme a favore dei ceti popolari, era pur sempre il capo di uno stato in guerra e occupato da potenti armate straniere, tra cui quella tedesca. Questo ne faceva inevitabilmente un prigioniero di volontà politiche altrui. Così anche in Croazia si scatenò la caccia agli ebrei e contemporaneamente la persecuzione dei serbo-ortodossi, risposta prevedibile ai precedenti vent’anni di persecuzione ai danni dei Cattolici croati.
A tutte queste degenerazioni e infamie Aloisius Stepinac si oppose con fermezza, cercando, ove fosse possibile, di porre rimedio alle atrocità dei contendenti. Pur tuttavia, non avendo condannato il regime ustascia in toto (perché in sé non era da condannarsi), ma solo le sue degenerazioni, si espose all’accusa di collaborazionismo che lo porterà in carcere sotto il regime di Tito.
Il 6 maggio 1945 il fronte balcanico si sgretolò ed ebbe inizio la fuga dei Tedeschi e dei loro alleati locali incalzati dai Sovietico e dai partigiani comunisti. Solo l’Arcivescovo rimase nella sua sede, a difesa e protezione del suo popolo, di fronte al nuovo e tremendo pericolo.
Già il 17 maggio 1945 Stepinac venne arrestato per la prima volta, ma i tempi noln erano ancora maturi ed il regime sufficientemente consolidato per affrontare la reazione popolare che si sarebbe sicuramente scatenata in caso di carcerazione del prelato e quindi egli venne subito rilasciato. Da questo momento in avanti però si moltiplicarono le provocazioni, gi incidenti e le minacce, mentre nel paese veniva instaurata una feroce dittatura comunista, simile in tutto a quella della casa madre staliniana.
Consolidato il regime, il 18 settembre 1946, Stepinac veniva arrestato dall‘OZNA, la polizia politica di Tito, e tradotto in carcere. Contro di lui venne montato un processo associando la sua posizione a quella di Erin Lisak -un alto funzionario del governo Pavelic- e a quella dei francescani del convento di Kaptol, accusati di aver nascosto il tesoro dello “stato croato indipendente”. L’Arcivescovo venne accusato di aver favorito proprio quegli eccessi del regime ustascia che invece egli aveva sempre condannato e combattuto. Il processo ebbe inizio il 30 settembre 1946, con il consueto contorno di intimidazioni alla difesa e di “spontaneo” concorso di popolo vociante in aula. Il 3 ottobre, con una memorabile dichiarazione durata trentotto minuti, Monsignor Stepinac confutò le farsesche accuse e accusò il partito comunista indicandolo come vero ispiratore del processo. La “giustizia” comunista compì comunque il suo corso e l’11 ottobre l’Arcivescovo venne condannato a sedici anni di lavori forzati da scontarsi nell’ex monastero Lepolgava divenuto prigione per oltre diecimila carcerati, quasi tutti politici. L’eco nel mondo fu grandissima e persino la comunità ebraica degli Stati Uniti levò la sua voce contro la scandalosa condanna per collaborazionismo inflitta ad un uomo che tanto aveva fatto per la salvezza degli ebrei in Yugoslavia.
Il calvario a Lepolgava ebbe inizio il 19 ottobre 1946 e terminò il 5 dicembre 1951. 1874 giorni di inferno a cui si pose termine solo perché, nel clima internazionale maturato dopo la rottura con Mosca, Tito non poteva più permettersi di ignorare l’irritazione crescente dei suoi nuovi amici americani per lo scandaloso trattamento inflitto all’Arcivescovo di Zagabria.
Da quel giorno sino alla morte Monsignor Stepinac venne relegato a Krasic, in domicilio coatto, dove opererà come “cappellano” e pure con mille limitazioni dovendo subire le angherie e le umiliazioni che li regime, per ottusità burocratica e per intrinseca cattiveria, non mancò di infliggergli.
Nel novembre 1952 Pio XII°, che in cuor suo lo considerava già santo, elevò il perseguitato di Krasic alla porpora cardinalizia. Fu l’ultima gioia della vita terrena di Aloisius Stepinac. La salute del Cardinale era infatti minata; le fatiche di una vita intensissima, gli stenti e le angheria della prigionia e forse un tentativo di avvelenamento ne avevano minato la fibra. Così, dopo una serie di malattie, la sera del 10 febbraio 1960, a soli sessantadue anni Monsignor Aloisius Stepinac si spense. Quando, la sera stessa, la notizia si diffuse per il mondo, milioni di cuori che avevano visto in lui un baluardo di santità contro l’avanzare dell’odio e della menzogna comunista lo piansero in silenzio. Il 12 febbraio, dopo un braccio di ferro durato due giorni, il Governo fu costretto dall’indignazione generale ad autorizzare il trasporto delle spoglie mortali del prelato nella Cattedrale di Zagabria dove il popolo lo vegliò tutta la notte prima di seppellirlo accanto ai suoi predecessori. Era così terminata la vita terrena dell’uomo Aloisius Stepinac, cominciava il suo cammino luminoso di Beato verso la gloria degli Altari.

Massimo Granata



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