lunedì 6 gennaio 2020
Esteri
Affondate il Nord stream 2
Le nuove sanzioni progettate dal Congresso Usa nei confronti di imprese europee dimostrano, oltre alla consueta arroganza USA, un probabile tentativo di dare respiro a credito alla industria nazionale del gas di scisto.

 



 



 



 



 



Il 20 dicembre scorso il presidente Trump ha dato il via libera all’iniziativa bipartisan del congresso statunitense di comminare sanzioni alle ditte europee che partecipano alla realizzazione del raddoppio del gasdotto sottomarino North stream, denominato North stream2, destinato a portare in Germania 55 milioni di metri cubi di gas naturale.  La portata delle sanzioni non è ancora stata definita ma questo ha già fatto si che la società svizzero\olandese Allseas, azienda responsabile della posa dei tubi, abbia sospeso i lavori sul progetto con effetto immediato. La compagnia, con sede a Châtel-Saint-Denis, che è proprietaria della Pioneering Spirit, una delle navi che lavorano alla posa dei tubi di Nord Stream 2, si è riservata di valutare l’impatto che le sanzioni avrebbero sulla propria attività economica prima di una eventuale ripresa della partecipazione alla posa del gasdotto. Ad essere colpite, oltre alla Allseas sarebbero le società europee che partecipano al progetto, da 11 miliardi di dollari, ormai realizzato quasi all’80%, insieme alla russa Gazprom: l’austriaca Omv, la britannico-olandese Royal Dutch Shell, la francese Engie, le tedesche Uniper e Wintershall e la nostra Saipem. Alla conclusione dell’opera mancano meno di 160 km e tenuto conto che la posa dei tubi procede normalmente ad un ritmo di circa 5 km al giorno il terminal tedesco di Greifswald sul Baltico poteva esssere raggiunto in meno di un mese garantendo l’operativita della pipeline nei tempi previsti e cioe ento il 2020. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, nel condannare, legittimamente, le sanzioni USA come un’indebita interferenza nelle relazioni commerciali tra EU e Russia ha anche confermato le dichiarazioni della dirigenza di Gazprom sulle capacità russe di portare a termine l’opera entro i tempi stabiliti. In effetti la Russia dispone di navi posatubi di capacità equivalenti alla Pioneering Spirit. La compagnia russa MRTS possiede almeno 3 navi posa tubi che potrebbero intervenire per il completamento del gasdotto: la Fortuna, la Defender e la Kapitan Bulagin solo che queste navi non soddisfano le autorizzazioni ottenute per la posa nelle acque danesi per cui è richiesta la capacità di posizionamento dinamico (1). Potrebbero essere richieste autorizzazioni supplettive ma, date le probabili pressioni diplomatiche che gli Stati Uniti opererebbero sul governo danese, la loro concessione potrebbe protrarsi sine die. I russi dispongono comunque di una alternativa, la posatubi  Akademik Cherskiy, di proprietà di Gazprom che però in questo momento è a Vladivostok e potrebbe essere disponibile in acque danesi solo tra due mesi circa. La cosa comunque non impedirebbe al North stream2 di essere operativo ad ottobre invece che a giugno, sempre entro la scadenza prevista del 2020.

Nel frattempo il 18 genaio prossimo Validimir Putin, in visita ufficiale a Istambul, innaugurerà la tratta turca del Turkstream, il gasdotto che attraverso il Mar Nero, la Tracia turca e la Bulgaria raggiungerà la Serbia in sostituzione del South stream , affondato dall’amministrazione Obama, e che avrebbe dovuto raggiungere l’Italia dove a Tarvisio si sarebbe creato un hub per l’europa centrale (2)

Partendo dal fatto che le sanzioni contro il North stream 2 sono state inserite nella legge di spesa per la Difesa firmata da Trump nel corso di una cerimonia presso la Joint Base Andrews, vicino a Washington, molti analisti hanno espresso il parere che le sanzioni non abbiano un movente economico, meno che meno quello dichiarato e cioè che si vuole sollevare l’UE  dalla eccessiva dipendenza dal gas russo. In realtà lo stato profondo, impersonato dal congresso insolitamente unito, ha certamente proposto le sanzioni in un’ottica di scontro strategico con la Russia. I partner più fedeli agli USA in Europa centrale, Paesi Baltici, polonia e Ucraina da tempo premono perché il raddoppio del gasdotto sotto al Baltico sia fermato poiché la sua apertura, unitamente a quella del gasdotto turco, toglierebbe importanza strategica ai tubi che li attraversano in direzione dell’Europa occidentale e vanificherebbe il loro potere di ricatto nei confronti e dei Russi e della UE. Non a caso il nuovo presidente ucraino Volodímir Zelenski si è affrettato a stipulare con la Russia un accordo quinquennale per il passaggio del gas russo nei tubi ucraini. Per questo accordo Gazprom verserà a Naftogaz diritti di transito per 2,9 milioni di dollari e questo chiuderà ogni contenzioso pregresso. Del resto la questione del gas liquefatto, di scisto o di altra provenienza, pone molti problemi. Questo gas non può che essere più costoso di quello veicolato dalle pipeline. Occorre un impianto industriale per liquefarlo e uno per rigasificarlo. Questo comporta costi per la realizzazione e di esercizio. Occorre poi una flotta di metaniere attualmente inesistente e nel caso poi del gas di scisto ha di costi di estrazione doppi rispetto a quelli da giacimenti tradizionali. Ciò nondimeno l’EU importa già gas liquefatto, da diversi produttori, per una quantità superiore a quella che verrebbe veicolata dai due North stream (3). Inoltre la Germania cercando, di tacitare l’invadente “alleato” d’oltre Atlantico, sta investendo circa 700 milioni di euro per realizzare impianti di rigasificazione che permetterebbero di incrementare la quota di gas naturale acquistata dagli USA. Anche la Russia è entrata nel mercato del gas liquefatto tanto è vero che Saipem ha ottenuto contratti per circa 3 miliardi di dollari per la realizzazione degli impianti di liquefazione del gas del progetto russo Arctic LNG2.che verrà realizzato nel distretto di Tazovsky situato nella regione amministrativa autonoma di Yamal – Nenets, nella parte occidentale della penisola di Gydan (4) da un consorzio costituito da Novatek JSPC  ed Ekropromstroy Ltd.. Tutto questo complica e di molto le cose per l’industria Usa degli idrocarburi da fracking (5) che ha già visto il fallimento di gran parte delle piccole società e che vede le grandi sopravvivere grazie all’”entusiasmo” dopato della borsa per questo nuovo eldorado la cui efficienza è quantomeno dubbia visto che non ha saputo onorare un contratto per la fornitura alla Cina di Gas Naturale Liquefatto per un controvalore di 120miliardi di dollari in 2 anni e che ha fornito gas liquefatto alla Danimarca comprandolo dalla società Sevmorneftegaz (6) che gestisce il giacimento artico Shtokman.  Tutto quello che vi stiamo raccontando ci fa pensare che le motivazioni per cui Trump ha assecondato i suoi nemici del congresso firmando con tanto entusiasmo questo provvedimento che mette gli USA in rotta di collisione con gli alleati europei e segnatamente con i tedeschi, oltre che a riservare un altro inutile dispetto ai Russi, siano motivazioni più economiche e di carattere interno. Siamo in anno elettorale, notoriamente l’elettorato di “The Donald” ha lo stesso filing per la politica estera che chi scrive ha per la nouvelle cuisine, cioè pari a zero, ma è particolarmente interessato a quanto succede in America, ai posti di lavoro, ai risparmi e a tutto quanto comporta ripercussioni dirette sul proprio quotidiano. Ora è probabile che l’illusione, perché di illusione tratta, che bloccando i tubi russi si ridia respiro a un comparto industriale nazionale, a cui non è bastato il disastro epocale subito dall’Aramco (7) per ritornare in attivo, che si porta sulle spalle il peso di una bolla speculativa, sulle proprie obbligazioni, che supera i 100 miliardi di dollari e che se chiudesse porterebbe sul lastrico alcuni milioni di persone tra lavoratori e risparmiatori, abbia spinto il presidente a questa mossa, vincente sul piano elettorale ma certamente esiziale in prospettiva futura.

Massimo Granata



 



1)https://library.e.abb.com/public/255b6e8b13354518a4d2327bbdf9b75a/54-59%203m7027%20IT.pdf

2) Oltre al danno per la mancata riscossione dei diritti di passaggio la fine di South stream costò a Saipem la perdita di una commessa da 2,4 miliardi di dollari , lo stop a North stream 2 costerebbe un altro miliardo

3) 125 milioni di metri cubi contro i 110 che trasporterebbe il gasdotto baltico una volta raddoppiato.

4) Prospicente il Mar di Kara in Siberia, oltre il circolo polare artico

5) la tecnica con cui vengono estratti petrolio e gas di scisto mediante la frantumazione idraulica delle rocce

6) La società è di proprietà di Gazprom che detiene il 51% delle azioni), la francese Total (25% delle azioni) e la norvegese Statoil (24% delle azioni).

7) A seguito dell’attacco Yemenita, come tutti sanno, l’Aramco è uscita per mesi dal mercato petrolifero




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