mercoledì 1 novembre 2017
Esteri
Espana una … Catalunya libre?
La vicenda catalana mette in luce la pochezza delle classi politiche dell’una e dell’altra parte. I possibili sviluppi.

 



 



 



La vicenda annosa delle aspirazioni indipendentiste della Catalogna è rientrata di prepotenza nella cronaca dal primo ottobre scorso quando il governo centrale di Madrid non è riuscito ad impedire che si tenesse il referendum sull’indipendenza voluto dalla Generalitat Catalana e dal suo premier Puigdemont.



Che il referendum fosse manifestamente illegale, costituzione spagnola vigente, era chiaro a tutti gli attori della vicenda ma il tentativo, sostanzialmente abortito, di impedirlo manu militari da parte delle autorità madrilene lo ha caricato di una valenza emotiva che difficilmente potrà essere dissipata e ricondotta sui binari della ragione. I disordini, gli attivisti per l’indipendenza feriti, non quantificati ma abilmente gonfiati dagli organi di stampa, legati a chi ha investito sul tentativo di indipendenza catalana, hanno dato una vernice di martirio anche ai più tiepidi fautori del distacco dalla Spagna. L’errore è stato dettato dal timore di non sembrare risoluti che ha mal consigliato il premier Rajoy e il suo governo. Sarebbe bastato, ribadendo ufficialmente l’illegalità della consultazione, lasciarla svolgere e constatare poi che la partecipazione non aveva interessato la maggioranza dei residenti in Catalogna, che non c’era stata la presenza di osservatori indipendenti a garantirne la regolarità e che quindi questa, già formalmente illegale, non aveva neppure la valenza di espressione della volontà popolare. La patata bollente sarebbe stata rimessa nelle mani della Giunta regionale catalana che si sarebbe trovata con scarsi elementi di legittimità, sia pur rivoluzionaria per proclamare unilateralmente l’indipendenza, Ma le cose sono andate diversamente e gli avvenimenti hanno preso una china che di conseguenza ha reso il premier Catalano ostaggio nelle mani degli oltranzisti dell’indipendenza in gran parte rappresentati da partiti di estrema sinistra. Cosa potrà succedere ora dopo la dichiarazione di indipendenza e l’attivazione da parte del governo centrale dell’articolo 155 della Costituzione e l’azzeramento pro tempore dell’Autonomia Catalana, rimane nell’incertezza. La mossa di indire elezioni regionali a breve termine, il 21 dicembre prossimo, sembrerebbe poter favorire un processo distensivo ma se i partiti indipendentisti le boicottassero si aprirebbe uno scenario molto prossimo alla guerra civile atteso che la Generaltat Catalana dispone di una forza armata consistente, ben armata e ben addestrata, i Mosssos d’Esquadra, 15000 uomini dotati di forze speciali, un servizio aereo e un servizio navale. A questi si andrebbero ad aggiungere nuclei di militanti estrema sinistra dei partiti più ferocemente indipendentisti. La spagna si troverebbe ad affrontare una crisi destabilizzante senza uguali dal 1936. Bisogna tener conto che altre velleità separatiste agitano il suo territorio e non bisogna pensare solo alle province basche che invece probabilmente non avrebbero nessuna intenzione di chiedere una indipendenza che non apporterebbe loro nessun beneficio ma alle rivendicazioni musulmane sul sud del paese. Il richiamo della storica Al-Andalus già più volte agitato da immigrati e confinanti. E su questo scenario terrificante brilla l’assenza di una qualsivoglia presa di posizione della Commissione e del Parlamento della UE.



Alcune considerazioni si impongono. E’ difficilmente comprensibile il perché la leadership indipendentista Catalana abbia voluto dare proprio in questo momento una tale accelerazione alla spinta per l’indipendenza, questione che si trascina da anni e che ha consentito alla regione autonoma di trarre progressivi benefici dalle proprie velleità indipendentiste attraverso regolari negoziati con Madrid. Cresce il sospetto che il sostegno finanziario che George Soros ha assicurato a Puigdemont abbia qualcosa a che fare con questa fuga in avanti. Il fatto poi che il leader catalano abbia scelto Bruxelles per la sua “fuga”, temporanea o definitiva non si sa, può far pensare che in sede UE, fatto salvo il pilatesco atteggiamento mantenuto in attesa degli eventi, qualcuno abbia dato in segreto un via libera. Certo la presa di posizione filo immigrazionista, tanto cara alla Commissione, degli indipendentisti catalani in aperto contrasto con la linea dura ed efficace del governo centrale, potrebbe aver dato l’idea, a qualcuno dei fautori del piano Kalergi in seno alla burocrazia dell’Unione, di aprire un altro fronte di invasione sul ventre molle mediterraneo. Sull’altro lato della barricata, quello del governo centrale, dobbiamo constatare purtroppo che non è più l’ “Espana una, grande e libre” dei Requetes e di Franco ad essere in campo ma una congerie nella migliore delle ipotesi democristiana, minoritaria per i propri errori e le proprie debolezze, minacciata da un autentico “Partito Radicale” di massa quale è Podemos e questo non lascia ben sperare sul futuro della Spagna.



Massimo Granata



 



 




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