domenica 6 agosto 2017
Politica e economia
Il tempo stringe
Non sembrano più tanto remoti i giorni in cui disordini diffusi e organizzati potranno definirsi guerra civile

Ricordo solo pochi anni fa, forse addirittura mesi, che all’affermazione di una possibile guerra civile italiana, le reazioni della maggior parte degli interlocutori erano classificabili tra il compatimento, nemmeno troppo dissimulato, e la risata aperta. Solo a ipotizzare simili scenari era facile essere additati come complottisti, guerrafondai o quantomeno esagerati. “Alla fine siamo in Europa…”, “c’è la Polizia…”, tutte affermazioni innegabili e tese a sdrammatizzare (o meglio sottovalutare) le prime situazioni di emergenza che si presentavano a riempire le colonne della cronaca.

Negli ultimi mesi le reazioni stanno rapidamente cambiando, e non parlo solo dei consueti commenti sui social, che se andiamo a vedere, ognuno di noi finisce per leggere solo quelli nei quali si riconosce maggiormente, parlo proprio delle reazioni vere, delle parole di persone incontrate a caso nei locali, negli uffici, in posta come in piscina; persone qualunque delle quali non abbiamo scelto di conoscere le opinioni e i commenti. Quelle persone che prima sghignazzavano ascoltando i nostri discorsi “allarmistici e razzisti”, oggi spesso ci guardano con la faccia a punto interrogativo come dire “…e allora?...la soluzione?...”, non voglio dire con questo che poi accettino supinamente le soluzioni proposte magari da Salvini, però una certa presa di coscienza del problema immigrazione e dei suoi ormai sempre più chiari sviluppi è presente anche in quella parte della popolazione che sulla scorta dell’ideologia non l’ha mai osteggiata, di fatto favorendola. La reazione non esclude soggetti istituzionali, sono recenti le notizie di proteste di vario genere inscenate da sindaci del PD che da nord a sud si sono opposti all’arrivo dei cosiddetti “migranti” nei loro comuni. Da specificare che i sindaci in questione, di piccoli comuni, sono evidentemente più espressione della reale volontà popolare che dei diktat del “politburo”.

Recentissima la notizia della rivolta nel commissariato di Ventimiglia sfociata in una violenta aggressione agli agenti di Polizia e ai Carabinieri presenti, quattro dei quali sono rimasti feriti. La rivolta ha avuto per protagonisti ben 7 (dico sette) “migranti”; mi vien da chiedermi cosa sarebbe successo se fossero stati 70…non è difficile trovare settanta giovani musulmani robusti e decisi, basta incontrarli all’uscita di una moschea, sono tutti giovani, in forma e probabilmente addestrati all’uso delle armi nei paesi d’origine.

Non passa giorno che qualche strada non venga bloccata dalla protesta degli ospiti di qualche CIE e sempre più frequenti sono le vere e proprie aggressioni ai danni dei rappresentanti di qualsivoglia autorità. In provincia di Siena l’autista di un pullman, evidentemente “colpevole” di aver preteso il pagamento del biglietto, è stato ripetutamente accoltellato da un diciannovenne ivoriano in “attesa di espulsione” dopo che gli era stato revocato lo stato di richiedente asilo. L’autista, salvato letteralmente da alcuni passanti, è stato sottoposto immediatamente a un delicato intervento chirurgico, l’ivoriano ha aggredito anche i Carabinieri intervenuti che per fermarlo sono stati costretti a sparargli, colpendolo purtroppo a una gamba. Risultato: piantonato in ospedale, a nostro carico pure il piantone.

A Firenze un diciottenne sudanese, durante una colluttazione con una pattuglia della Polizia Municipale, riesce a impossessarsi dell’arma d’ordinanza di un agente (!) gliela punta alla testa e esplode quattro colpi. I proiettili finiscono a terra grazie alla prontezza dello stesso agente che riesce a bloccare il braccio del delinquente deviando la traiettoria degli spari. Arrestato per tentato omicidio (speriamo almeno questo lo tengano dentro).

Questi gli episodi più gravi ma ce ne sono un’infinità dei quali non abbiamo notizia, prepotenze generalizzate che ormai passano sotto silenzio perché le vittime sono più spaventate delle eventuali conseguenze legali di una loro possibile reazione che non dalla prepotenza stessa e scelgono di subire rafforzando la convinzione dei delinquenti che sono protetti dall’impunità più assoluta. Convinzione purtroppo rispondente a verità e già ben radicata.

Nelle grandi città, complice il caldo, si moltiplicano i bagni nelle fontane storiche, gente che si fa il bidet in mezzo alla strada, abbandona rifiuti di qualsiasi genere ovunque, qualcuno si permette di eiaculare sull’autobus addosso a una donna, tanto siamo in Italia, non succede niente. Ormai lo sanno, si comportano da padroni. Il controllore delle ferrovie è diventato un mestiere ad alto rischio, più del poliziotto che se non altro è assistito dalla presenza di una pistola e da un’autorità senz’altro più temuta. Giornalmente i lavoratori dei trasporti sono intimiditi quando va bene da pattuglioni di stranieri che hanno capito che nel nostro paese, oltre che essere di fatto mantenuti si può tranquillamente vivere di prepotenza. Già perché nell’attesa che gli immigrati ci paghino la pensione intanto cominciamo a pagarla noi a loro, ma non dopo 43 anni, da subito. Il meccanismo è ormai noto, un immigrato regolarizzato fa venire il nonno sedicente sessantacinquenne (vai poi tu a controllare l’anagrafe sudanese) lo fa registrare all’INPS e fa canalizzare la pensione sul conto corrente cointestato. Il nonno torna in Africa (casomai) e il giovanotto tutti i mesi ritira la pensione che gli italiani gli pagano.

In questo bel quadretto si innesta la proposta di legge sullo Ius Soli. La ciliegina sulla torta. La formalizzazione della cessione della sovranità del paese o di quello che ne resta. Inutile dire che il giorno dopo l’approvazione della legge interi eserciti di puerpere dalla Namibia in su faranno a gomitate per venire qui a scodellare i loro simpatici pargoletti. Da qui all’acquistare in tutto e per tutto la cittadinanza italiana il passo è breve, ricongiungimenti familiari e altri garbugli che i nostri governanti sapranno inventare garantiranno a loro e alla loro progenie la proprietà del paese che li ospita e li mantiene.

Le numerose etnie che coabitano con noi, dapprima sospettose e in malcelato conflitto tra di loro, cominciano oggi a ritrovarsi e stavolta davvero integrarsi e compattarsi tramite il comune denominatore dell’Islam. Già sanno di essere i padroni del paese. “Vi invaderemo attraverso il ventre delle nostre donne”. Quando qualcuno deciderà che è venuto il momento nascerà un leader prefabbricato magari in Gran Bretagna o in U.S.A. che guiderà la marcia degli immigrati alla conquista del nostro paese. D’altronde il progetto di “libanizzare” l’Italia è storia vecchia di vent’anni e più.

Il tempo stringe.

Fabio Dalla Vedova.




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