domenica 11 giugno 2017
Esteri
Menti chiuse
Sorprende l’incapacità, di tanti titolati analisti, di comprendere le azioni di personaggi politici che non rientrino nello standard degli “Yes man” dei potentati massonici dominanti.

Nel leggere le analisi di tanti commentatori presentati come esperti di politica internazionale, non solo sui media main stream ma anche sul web, stupisce la loro incapacità di comprendere il substrato che sottende l’adozione di determinate scelte da parte di attori  politici che non rientrano nel clichè abituale del politicante che domina la scena europea e non solo negli ultimi 30 anni. Succedeva con Vladimir Putin e oggi succede con Donald Trump.



Di Putin risulta incomprensibile ai suddetti esperti la fedeltà alla parola data, la solidarietà incrollabile verso coloro che stima essere suoi amici, la sollecitudine verso il benessere del proprio popolo, benessere non solamente materiale ed economico e di conseguenza anche la reticenza ad agire in modo da rischiare di trascinarlo in uno scontro che potrebbe diventare nucleare anche se ragionevolmente la Federazione Russa, per la sua estensione, sarebbe l’unico paese al mondo che avrebbe la remota possibilità di sopravvivere ad un tale evento.



Così ci accade di leggere analisi in cui si sottostima il potenziale militare dell’Armata Russa sulla base del fatto che non nega i cieli siriani agli aerei USA o israeliani abbattendoli, anche quando questi attaccano proditoriamente l’esercito regolare e i suoi alleati impegnati contro i terroristi. Oppure si giustifica l’inazione con machiavelliche operazioni politiche per indebolire Assad e sostituirlo alla guida del paese. Se qualcuno di questi commentatori si fosse preso la briga di leggere più di una delle tante biografie di Putin che affollano le librerie e le biblioteche avrebbe notato che sia le agiografie che i biografi apertamente ostili rimarcano che una delle caratteristiche di Vladimir Vladimirovic sin da ragazzo e quella di non abbandonare mai gli amici e di non mancare alla parola data anche se questo gli crea problemi, un tempo fisici oggi politici.



Ma su Putin ci siamo già diffusi in più interventi e altrove. Ciò che ci ha colpito è una pressoché identica incapacità di comprendere le mosse dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Gli si rimprovera una sostanziale incoerenza nella gestione della politica estera rispetto alle dichiarazioni pre elettorali, un ripudio delle istanze neo isolazioniste manifestate, un attivismo incoerente se non nell’ostracismo nei confronti dell’Iran.



In realtà quello che sfugge è che Trump è stato eletto dalla ex working class statunitense che si aspetta da lui che ripristini il suo stato sociale e di benessere. Per l’elettore medio di Trump la politica estera è un orpello misterioso ed inutile. Nel suo immaginario profondo oltre il Rio Grande e al di la delle Bahamas  e delle Hawaii andrebbe messa una miliare con inciso “Hic sunt leones”, per cui bisogna avere un esercito potente per impedire che i leoni entrino ma se si mangiano tra loro poco importa. Per cui di conseguenza non esiste una politica estera del presidente indipendente dalle ricadute interne che questa può avere. La carta bianca assegnata alla monarchia saudita che sta precipitando il medio oriente in una nuova fase di instabilità peggiore di quella che per altro non si è ancora conclusa è solo un riflesso dei 110 miliardi di dollari di commesse siglati da Ryad. 110 miliardi, ma con ricadute e investimenti ben maggiori, che l’Iran non avrebbe mai potuto garantire, anche nella migliore e fantasiosa ipotesi di riappacificazione. 110 miliardi che permettono a Trump, presidente di uno stato in sostanziale bancarotta, di soddisfare nell’immediato e perlomeno parzialmente i bisogni dei suoi elettori. Tutto il resto e lasciato ai generali; insediati da Obama, e al dipartimento di stato la cui burocrazia è ancora immutata dai tempi dall’avvio del “Progetto per un secolo americano”. Ma anche qui si sprecano analisi su machiavelliche intenzioni.



Se uno viene definito esperto, evitate di credergli cecamente.



 



Massimo Granata



 



 



 



 




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