mercoledì 10 agosto 2016
Religione
La Santa guerriera, Giovanna d'Arco
Il calvario che la Francia affronta in questi giorni sarebbe più lieve se tornasse ad essere la figlia prediletta della Chiesa sulle orme di Santa Giovanna

Con buona pace di tutti i simpatizzanti della bandiera arcobaleno, cattolici e non, indossare una divisa e impugnare le armi per una giusta causa non è mai stata una cosa riprovevole. Al contrario, questo modus vivendi  ha rappresentato  un motivo di onore e un esempio per le società di tutti i tempi. Anche la Chiesa con la sua lunga serie di santi militari nel corso dei secoli ha riconosciuto, fino all'elevazione alla gloria degli altari, il servizio di chi ha scelto di sacrificare la vita in difesa  della fede e della propria comunità. Figure  spesso molto diverse tra loro per  provenienza, origine sociale, epoca storica e perfino per sesso. Sì, perché abbiamo avuto anche donne capaci di eroiche gesta in campo militare in periodi in cui, secondo l'opinione comune, le donne avevano un ruolo marginale non soltanto all'interno della famiglia ma anche nella società.



Come non pensare alla straordinaria epopea di Santa Giovanna d'Arco, la ragazza di umili origini protagonista della riscossa di un'intera nazione, la cui eredità in un modo o nell'altro è ancora contesa tra molti schieramenti politici e culturali in Francia.



La fama di questa Santa ha superato i confini del mondo cattolico coinvolgendo tanti ambiti della cultura anche se non di rado la sua figura  è stata oggetto di distorsioni. Si pensi per esempio a chi ha pensato d'intravedere nella pulzella di Orleans un'antesignana della riforma luterana o chi in lei ha voluto vedere la prima femminista della storia.



Di sicuro la vicenda di Giovanna d'Arco ha appassionato non soltanto gli storici, che le hanno dedicato centinaia di biografie, ma pure ha ispirato le opere di tanti artisti. Il filosofo e drammaturgo Friedrich Shiller realizzò un dramma dal titolo “La pulzella d'Orléans” che fu poi musicato da  Verdi con il melodramma “Giovanna d'Arco”. Poeti come Verlaine e Rimbaud dedicarono versi alla giovane di Donremy, mentre perfino De Andrè le ha dedicato una canzone. Diversi sono altresì i film a lei dedicati; l'ultimo e probabilmente più famoso è quello del regista Luc Besson.



Per qualsiasi persona è il proprio tempo, con i suoi pregi e i suoi difetti, a rappresentare il mezzo e l'occasione attraverso cui incarnare gli ideali cristiani. Per questo motivo giova spendere due parole sul contesto storico in cui visse Giovanna d'Arco e maturò la sua santità.



Ci troviamo agli inizi del XV secolo nel pieno di quella lunga guerra tra il Regno di Francia e Regno d'Inghilterra conosciuta come “la guerra dei cent'anni”. Un conflitto che scoppiò per motivi dinastici in seguito alle mire del Re inglese sul trono di Francia, ma che con l'andare del tempo assumerà le caratteristiche di una guerra patriottica vera e propria.



Ai tempi della Santa il regno di Francia si trovava in una situazione disastrosa. Tutta la parte settentrionale e occidentale del paese era in mano agli inglesi e ai loro alleati borgognoni. Nella prima parte della guerra, fino al 1380, i francesi persero fino a un quarto del proprio territorio e se l'avanzata inglese fu temporaneamente fermata da Carlo V il Saggio, nel 1415 grazie alla vittoria di Azincourt, il re Enrico V si impadronì di circa la metà della Francia e ne conquistò il trono grazie al cedimento del demente Carlo VII.



Se la situazione politica della Francia era difficile, non tanto meglio andavano le cose all'interno della Chiesa. Ai sette decenni di “cattività avignonese”, dal 1309 al 1377, in cui la sede del papato fu trasferita nella città in riva al Rodano, seguì quello che è passato alla storia come il Grande Scisma d'Occidente. Una situazione talmente confusa che portò al paradosso di avere contemporaneamente tre papi in carica. Soltanto nel 1417 dopo interminabili discussioni e in un contesto non privo di ambiguità come il concilio di Costanza, che introdusse la dottrina eretica del conciliarismo, fu possibile deporre tutti e tre i papi ed eleggerne uno nuovo con il compito  di svolgere il ruolo di capo unico della Chiesa.



Anche a Donrémy, il paese della Lorena dove Santa Giovanna d'Arco nacque nel 1412, giungevano notizie della guerra e inevitabilmente si riproducevano le lotte che stavano dividendo in due la Francia tra il partito dei borgognoni filo-inglesi e gli armagnacchi sostenitori della dinastia legittima francese.



Sicuramente a Donrémy, dove la maggioranza aveva sposato la causa della casa reale di Francia, nessuno avrebbe immaginato che quella loro giovanissima compaesana sarebbe diventata la protagonista della riscossa nazionale contro l'invasore.



Giovanna d'Arco nasce e cresce in una famiglia di umili origini dedita alla pastorizia e alla coltivazione dei campi. La sua infanzia non discostandosi da quella che in quei tempi vivevano le ragazze della sua stessa condizione sociale, si divide tra le incombenze domestiche e il lavoro con i genitori.



Un'esistenza come tante la cui normalità riceve un primo scossone all'età di 13 anni quando a Giovanna appare San Michele Arcangelo e le sante Caterina e Margherita. Il principe delle Milizie celesti si rivolge a questa ragazzina non soltanto per raccomandarle di comportarsi bene e di essere una buona cattolica, ma pure per  affidarle una missione: salvare la Francia. “Prendi il tuo stendardo e levalo con ardore! Tu condurrai il Delfino a Reims perché vi riceva la consacrazione che gli spetta! Libererai la Francia dagli inglesi!”.



Giovanna  prende sul serio questo invito e dopo aver convinto della sua investitura divina uno dei legittimisti più noti della zona, il capitano Robert de Baudricourt,  si mette in viaggio con una piccola scorta per incontrare il futuro Re. Il 29 febbraio 1429 raggiunse il castello di Chinon dove risiedeva il Delfino che Giovanna incredibilmente riuscì a riconoscere nonostante egli non indossasse alcun segno che ne svelasse l'identità.



I testimoni raccontano che il futuro Re fu molto colpito dall'incontro con quella giovane donna ma ciò non fu ancora sufficiente a sgombrare i suoi sospetti, tant'é che per varie settimane fu mandata a Poitiers per essere esaminata da una commissione di teologi dell'Università di Parigi. In quei frangenti a chi le chiedeva un segno della propria fede ella rispondeva che il suo unico desiderio era di andare ad Orléans e soltanto lì avrebbe mostrato i segni per i quali era stata mandata. Vi arrivò verso la fine dell'aprile 1429 accolta trionfalmente dai suoi abitanti



Orléans era una città da anni assediata, il cui signore era finito prigioniero degli inglesi. Nel Medioevo si credeva che una città in quelle condizioni non potesse essere attaccata pena il macchiarsi di slealtà. Per questo motivo l'intervento di Santa Giovanna d'Arco appare come il ristabilimento del diritto divino dinnanzi ad un attacco proditorio: come dire, l'intervento di Dio attraverso gli umili per confondere i potenti.



La sera prima della grande battaglia Giovanna chiese al suo cappellano di alzarsi all'alba per confessarsi e ascoltare la Messa. L'indomani, con addosso una lucente armatura e impugnando il suo stendardo recante i nomi di Gesù e Maria, la Pulzella d'Orleans si pose alla testa del suo esercito e ottenne una strepitosa vittoria contro gli inglesi. Era l'8maggio 1429, una data fondamentale poiché da allora un popolo demoralizzato e un esercito ormai preda ad una vera e propria sindrome della sconfitta, alzarono la testa e riuscirono attraverso la loro condottiera a cambiare il corso degli eventi.



Seguirono altre vittorie che portarono alla liberazione di tutta la la valle della Loira.  Per Giovanni d'Arco nondimeno arrivò anche il tempo delle delusioni. Nel settembre un esitante Carlo VII, appena due mesi dopo la sua consacrazione a Re, decise di sciogliere l'esercito che stava portando alla liberazione della Francia. Un atto che equivaleva a un tradimento ma che non piegò lo spirito indomito  della Pulzella , sempre pronta a combattere anche in condizioni proibitive; come quando nel settembre del 1429 lanciò un assalto a Parigi benché l'impresa si presentasse molto difficile e lei fosse ferita. 



Il 23 maggio 1430, dopo aver tentato senza successo un assalto alla fortezza di Margny, Giovanna d'Arco decise di ripiegare con il suo piccolo esercito all'interno delle mura di Compiègne. Qui ebbe luogo un'imboscata, forse in seguito a un tradimento, poiché  il governatore della città decise di chiudere le porte della città nonostante le ultime fila dei sodati non fossero ancora rientrati. Giovanna, che si era posta come d'abitudine nelle retrovie per coprire la ritirata dei suoi, rimase fuori con pochi soldati e fu fatta prigioniera dai borgognoni. Anche in questo frangente la Pulzella d'Orleans si comporta come un vero capo che si preoccupa prima di tutto della sicurezza dei propri uomini e mette in secondo piano  la sua incolumità personale.



Venne detenuta in varie fortezze fino a quando, la vigilia di Natale del 1430, arrivò a Rouen dove si celebrò il processo a suo carico. La sua fu una carcerazione molto dura con i ceppi sempre ai piedi e la costante sorveglianza di uomini e non di guardie del suo stesso sesso come avrebbe avuto diritto. Tra l'altro la Pulzella di Orléans era stata consegnata a Giovanni di Lussemburgo e  venduta da quest'ultimo agli inglesi per diecimila lire tornesi, una cifra così elevata per il tempo che fu necessario aumentare le imposte in Normandia, una provincia ancora in mano agli occupanti d'oltremanica.



Il desiderio di screditare Giovanna d'Arco e la sua missione portò alla decisione di organizzare un falso tribunale dell'Inquisizione,  composto da giudici simoniaci   al soldo dagli stessi inglesi. Il tribunale era presieduto da Pierre Cauchon, vescovo di Beuvois ed ex rettore dell'università di Parigi, il prestigioso ateneo che in più occasioni non aveva nascosto il proprio appoggio al duca di Borgogna e ai suoi alleati inglesi.



Sin dalle prime battute del dibattimento si capì che per lei non c'era via di scampo. Senza seri capi d'accusa, a Giovanna fu perfino contestato il fatto d'indossare abiti maschili e fu costretta a subire  atti lesivi della sua dignità femminile per verificarne la verginità



La Pulzella fu poi sottoposta ad estenuanti interrogatori in cui i giudici cercavano con abili stratagemmi di confondere l'imputata ed estorcerle la confessione di cose che non aveva mai pensato o commesso.



A un certo punto sembrò che i giudici fossero riusciti a convincerla a ritrattare le sue posizioni ma pur stremata Giovanna continuò a confermare l'origine divina della sua missione e di quelle “voci” soprannaturali che l'hanno poi resa la patrona degli operatori della radio, cioè di quelli che diffondono la voce nell'etere. Tra l'altro una delle condizioni della famosa “abiura” era che lei non portasse più gli abiti maschili.  La mattina del 27 maggio la trovarono in cella con addosso dei vestiti da uomo; un'abitudine diventata in quelle circostanze una triste necessità al fine di sfuggire meglio alle insidie dei suoi carcerieri e custodire la verginità che aveva offerto a Dio.



Una volta constatato che l'imputata non si piegava alle richieste dei giudici fu decretata la condanna al rogo. Prima dell'esecuzione capitale, avvenuta il 30 maggio 1431, volle ricevere l'Eucarestia e ottenne un crocefisso in legno che strinse al petto durante il supplizio. I testimoni oculari raccontano che pur avvolta dalle fiamme continuò, finché le fu possibile,  ad invocare il nome di Gesù e ad implorare la protezione dei Santi del paradiso. Le sue ceneri furono sparse nella Senna  per scoraggiare qualsiasi forma di venerazione popolare verso i suoi resti. Un funzionario inglese così commentò l'esecuzione di Giovanna d'Arco: “Siamo perduti, abbiamo messo al rogo una santa”.



In effetti il sacrificio di Giovanna d' Arco non fu vano poiché dopo la sua morte una serie di successi sugli inglesi, tra cui la liberazione di Rouen dopo trent'anni nel 1449, portò l'esercito francese alla vittoria e finalmente alla conclusione di questa lunghissima guerra.



A oltre vent'anni dalla morte, quando l'influenza degli inglesi era ormai scemata, la sua famiglia si appellò a Roma affinché il suo caso fosse riesaminato. Papa Callisto II autorizzò un nuovo processo che dichiarò nullo il precedente, riabilitò pienamente Giovanna d'Arco, mentre il suo grande accusatore Pierre Cauchon subì la scomunica post mortem come eretico.



Nonostante le sue gesta siano rimasero nella memoria collettiva e il suo culto si sviluppò nelle epoche successive, per vedere la sua elevazione alla gloria degli altari sarà necessario aspettare quasi cinque secoli. Soltanto nel 1920,  Benedetto XV ne decretò la canonizzazione



Il processo canonico si aprì nel 1869 grazie all'allora vescovo di Orléans Monsignor Dupanloup che con alcuni vescovi francesi si fece promotore di una supplica al Papa Pio IX affinché acconsentisse all'inizio dell'iter di canonizzazione. Si tratta di un processo lungo e complesso, il cui svolgimento è stato contraddistinto da lunghe interruzioni come nel 1870 con la guerra franco-prussiana e ancor più in seguito con lo scoppio della prima guerra mondiale. La cerimonia di beatificazione fu celebrata a Roma nel 1909 in seguito al riconoscimento della guarigione miracolosa  di tre religiose che avevano chiesto l'intercessione della venerabile Giovanna d'Arco. In quell'occasione arrivarono nella capitale della Cristianità quarantamila pellegrini francesi.



Particolarmente significativo il fatto che il tribunale diocesano incaricato  di prendere in esame l'eroicità della virtù, svolse i propri lavori avendo come riferimento il testo di  Jules Quicherat, lo studioso che aveva raccolto tutta la documentazione del XV secolo relativo a Giovanna d'Arco. Un aspetto quasi paradossale se si pensa che lo storico in questione era un ateo e un anticlericale convinto e in fondo una dimostrazione ulteriore che la santità di Santa Giovanna d'Arco non si basava su leggende o su biografi compiacenti, bensì su basi solide sia dal punto di vista spirituale che storico.



 Nel corso di un'udienza del gennaio 2011 Benedetto XVI ha ricordato come la spiritualità di Giovanna d'Arco ha avuto una profonda influenza su un'altra grande santa dell'epoca moderna: Teresa di Gesù Bambino. La santa di Lisieux pur avendo un percorso umano e spirituale diverso poiché trascorse la sua vita in clausura, è accomunata alla Pulzella d'Orléans dalla stessa volontà di consacrare la propria vita  a Gesù e alla Chiesa. Non a caso la Chiesa le ha elevate entrambe, dopo la Vergine Maria, a patrone della Francia



Ma la missione di santa Giovanna d'Arco è stata anche politica e per questo ella può essere additata come un esempio per quei politici che pur operando in situazioni difficili siano pronti a non rinnegare i propri ideali cristiani, magari fino all'estremo sacrificio.



Certamente una parte del mondo politico, soprattutto in Francia, ha reso a questa straordinaria figura una sorta di culto laico in chiave nazionalista. A ben vedere in Giovanna d'Arco non c'è nulla che assomigli a quell'insano nazionalismo che esasperando il legame al proprio paese predica disprezzo per le altre nazioni e le altre culture. Al contrario, l'eroina francese sembra offrirci un esempio di vero patriottismo, cioè di quel valore cristiano che ci insegna ad amare e difendere la nostra patria così come amiamo e difendiamo all'occorrenza la nostra famiglia.



 Se c'è una figura storica che ha così visibilmente incarnato il motto “Dio, Patria e Famiglia” questa è Santa Giovanna d'Arco. E pur ponendo gli affetti familiari e il bene della Francia al di sopra della propria vita, ella non ha mai dimenticato che prima di queste bellissime realtà ce n'è una e indivisibile da cui tutto procede:  Nostro Signore Gesù Cristo e la Santa Chiesa Cattolica.



Sancta Joanna de Arc ora pro nobis.



 



Massimo Scorticati



 



 




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