mercoledì 8 settembre 2021
Cultura e società
Libertà va cercando
ch’è si cara come sa chi per lei vita rifiuta

Da sette mesi è in corso in Italia (e nel mondo) la campagna vaccinale contro il COVID 19. Vengono utilizzati preparati allo stato ancora sperimentali, come recita lo stesso bugiardino che ne accompagna le confezioni, anche se le agenzie del farmaco, a partire dalla FDA americana, stanno accelerando i tempi per la loro approvazione definitiva che era originalmente prevista per il 2023. Inizialmente la campagna vaccinale si è svolta su base volontaria, ma sono state progressivamente introdotte norme (di dubbia legittimità costituzionale) che hanno sia resa esplicitamente obbligatoria l’inoculazione del farmaco a determinate categorie di persone sia introdotte limitazioni alla libertà dei non vaccinati attraverso l’adozione dell’ormai celeberrimo lasciapassare denominato, non si sa perché, Green Pass. Ormai appare quasi certo che si arriverà ad un obbligo generalizzato per l’intera popolazione italiana…



Cosa pensarne?



Tre premesse che però costituiscono, come si usa dire in linguaggio tecnico-giuridico, parte integrante del discorso che ne seguirà.



La prima: le considerazioni contenute nell’articolo non sono solo l’opinione dello scrivente, ma il frutto di lunghe discussioni e valutazioni effettuate tra tutti gli amici che compongono il piccolo mondo di “Appunti” e del circolo “Beato Carlo d’Asburgo”. La seconda: il sottoscritto non è un medico, ma ha conservato una dignitosa capacità di fare i conti e su questi sono basate le conclusioni a cui arriveremo. La terza: non ho volutamente indugiato su ipotesi cosiddette “complottiste” come la presenza nei vaccini di ossido di grafene o del famoso microchip non perché ne escluda a priori qualsiasi fondamento, ma perché, ad oggi, tale fondamento non mi è stato dimostrato “al di là di ogni ragionevole dubbio” e quindi ho preferito utilizzare solo argomenti su cui ho acquisito una sostanziale certezza.



A mio avviso i parametri che devono essere presi in considerazione per valutare un vaccino e addirittura la sua imposizione obbligatoria sono tre. La sua efficacia nell’impedire l’insorgere della malattia (efficacia che dovrebbe essere tendenzialmente del 100%), la sua sicurezza (vale a dire l’assenza o la marginalità di effetti collaterali) ed infine la letalità della malattia che si intende prevenire. Partiamo da quest’ultima questione perché può servire come “unità di misura” per valutare anche i primi due parametri. Ad oggi, secondo le statistiche ufficiali, in venti mesi di “pandemia” di COVID 19 sono morte in Italia 130.000 persone (per dare un’ordine di grandezza, nello stesso periodo i morti per tumore sono stati 320.000 e quelli per malattie cardiache quasi mezzo milione). Tale cifra è però fuorviante perché è un fatto notorio che sono stati conteggiate tra le vittime anche persone che sono morte con il COVID, ma per tutt’altra causa, e non come conseguenza del COVID, per non parlare dei decessi causati da infezioni contratte durante il ricovero (secondo un dirigente di un’azienda sanitaria toscana quasi il 30% del totale). Bisogna inoltre notare che la letalità della malattia è stata altissima in Italia (fino al 14%) nei primi mesi della pandemia quando medici e ospedali applicavano pedissequamente le istruzioni ministeriali che prevedevano “tachipirina e vigile attesa” per gli infetti e la respirazione assistita per i ricoverati gravi. Laddove e da quando medici di base, che definire eroici è riduttivo, hanno garantito terapie domiciliari efficaci la letalità è precipitata ed attualmente si aggira sullo 0,5 – 0,6%. Personalmente conosco un medico della mia zona che ha curato oltre 500 contagiati dal Covid senza perderne neppure uno. Queste valutazioni dovrebbero essere prese in esame anche per valutare, anche in sede giudiziaria, il comportamento dei responsabili della sanità, ma questo è un compito che lascio a persone più autorevoli del sottoscritto.



Siamo quindi di fronte ad una malattia che oggi è poco più letale di una normale influenza il che non esclude ovviamente che, disponendo di un vaccino sicuro ed efficace, non la si debba prevenire. Purtroppo qui sta il punto, perché i vaccini utilizzati in Italia (Pfizer, Moderna ecc..) non si stanno dimostrando affatto tali. I casi di persone che si ammalano, anche gravemente, malgrado la doppia vaccinazione si stanno moltiplicando. E’ stato tragicamente divertente l’imbarazzo di un giornalista del TG3 quando, intervistando il titolare di un albergo di Pescasseroli dove si era verificato un focolaio di COVID, si è sentito dire che i vaccinati si erano ammalati prima e più gravemente degli altri. Le notizie che arrivano dall’estero, confermano che il vaccino offre una protezione assolutamente limitata tanto che, ad esempio, in Israele (uno dei Paesi più vaccinati al mondo) vi è stata un’impennata nei contagi che hanno superato ogni record precedente. Il Ministero della Sanità israeliano è stato costretto a confermare che i nuovi contagiati sono quasi tutti vaccinati con due o addirittura tre dosi. Notizie analoghe arrivano anche da Nazioni, come Inghilterra e Islanda, dove la campagna vaccinale è cominciata mesi prima che in Italia. Ma la questione sicuramente più delicata è quella relativa alla sicurezza dei vaccini. Numerosi e qualificati esponenti del mondo scientifico sollevano seri dubbi in proposito, ma sopratutto i dubbi sorgono dalle notizie che, malgrado il pesante clima di censura, filtrano sui media, sui giornali locali e tragicamente trovano conferme anche dagli annunci funebri di persone morte improvvisamente e prematuramente. Miocarditi, pericarditi, trombosi, infarti, sindromi iperimmuni, neuropatie, dermatosi sembrano coinvolgere decine di migliaia di persone tanto da costringere anche l’AIFA e le stesse case produttrici dei vaccini alle prime timide ammissioni. Tutto questo senza considerare gli effetti a lungo termine di sostanze, prodotte con tecniche totalmente nuove, che le stesse case farmaceutiche dichiarano di non essere in grado di prevedere.



Quanto detto fa sorgere il dubbio se effettivamente “il gioco valga la candela” o se, come si dice in Veneto “el tacon sia peio del buso”. In altri termini se il rapporto costi (effetti collaterali e limitata efficacia) / benefici (prevenzione di una malattia letale) sia nel nostro caso positivo.



Io mi sento, in coscienza, di dire no e quindi di dire no a qualunque forma di obbligo vaccinale, no a qualunque ulteriore riduzione delle già “massacrate” libertà un tempo garantite dalla nostra Costituzione, no al clima di odio che Autorità e media stanno diffondendo nei confronti di coloro che scelgono di non vaccinarsi. Chi vuole farlo lo faccia, ma chi non vuole venga lasciato in pace.



Attenzione non è solo un problema sanitario è un problema di libertà e di dignità che, una volta perdute, non è semplice recuperare.



Mario Villani



Appunti



Circolo “Beato Carlo d’Asburgo”



 



 



 



 




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