martedì 26 gennaio 2021
Cultura e società
L'elogio della mollezza
Ad ogni epoca i suoi uomini

333A.C.: poco a sud di Isso,al confine tra la Cilicia e la Siria,si fronteggiano due eserciti;da una parte i Macedoni,con a capo una delle figure più carismatiche della storia militare e non solo, Alessandro Magno. L'anno precedente, sbarcato in Asia Minore,aveva sbaragliato sul Granico un esercito persiano comandato da alcuni satrapi orientali. Per questo motivo a sbarrargli il passo ora ha davanti niente meno che Dario in persona, il re dei re, ma, questa volta, con un esercito degno della sua importanza, numericamente almeno tre volte superiore al suo. Nonostante ciò, la battaglia si trasformerà in una disfatta totale per il Persiano:l'esercito annientato,Dario stesso costretto a fuggire a rotta di collo protetto dalla sua guarnigione di “immortali” dopo aver rischiato un corpo a corpo mortale con Alessandro e la sua famiglia e numerosi dignitari fatti prigionieri.



Pur sconfitto militarmente, Dario invia un messaggio al re macedone in cui, con toni superbi, quasi fosse una concessione,si dice disposto a cedergli i territori conquistati in cambio della rinuncia ad ulteriori avanzate e del rientro in patria.



La risposta, chiaramente, è quella di un condottiero ben conscio della sua forza e ben deciso nei suoi propositi: i territori che gli vengono offerti sono già diventati i suoi ed è solo l'inizio. La firma la metterà a Gaugamela, dove le armate persiane, le più grandi mai schierate in un campo di battaglia a quell'epoca, verranno polverizzate con una facilità disarmante; questa volta neanche la fuga servirà a salvare la vita di Dario, che verrà giustiziato dai suoi stessi soldati.



Mi è venuta in mente questa pagina di storia in un contesto completamente diverso, leggendo un saggio di un filosofo francese sul problema del terrorismo di matrice islamista in Francia e sul modo più efficace di contrastarlo.



Secondo l'autore la guerra che è in atto da parte dell'Islam radicale contro la Francia è la diretta conseguenza delle politiche coloniali nei confronti di alcuni paesi orientali,politica fatta di controllo politico e di sfruttamento economico delle loro risorse naturali. E' chiaro che, di fronte ad un atteggiamento simile, si sia scatenata una reazione violenta da parte di popoli che,tradizionalmente,mai si erano sognati di aggredire chicchesia. Di conseguenza la risposta da dare consiste, secondo lui, in un arresto delle azioni belliche ed economiche finora attuate dalla politica estera francese e, sul fronte interno, in un appoggio deciso alle componenti dell'Islam cosiddetto “pacifico” a discapito della fazione violenta finanziata da alcuni stati arabi.



Ora,per essere uno dei più quotati maitre a'penser d'oltralpe, e procedendo a spanne, il suo discorso mi sembra far acqua da tutte le parti. In primis perché mi risulta che Carlo Martello non sapeva neanche benissimo dove fosse l'Arabia e chi fossero gli Arabi fino a che non se li trovò davanti non alla Mecca ma a Poitiers. Era, all'incirca, il 732,Maometto era morto da cent'anni ed in questo lasso di tempo i suoi successori avevano conquistato parte dell'Oriente, tutto il nord africa mediterraneo, la Spagna e si erano spinti in Francia, non sicuramente per villeggiare.



In secundis, attualmente in Francia i musulmani sono in forte crescita numerica grazie alla componente migratoria, all'indice di crescita di quella di seconda e terza generazione e, in parte, anche per le numerose conversioni all'Islam di cittadini francesi. Non hanno perciò bisogno di aderire a politiche di integrazione al modello di vita e di valori francesi;quando saranno la maggioranza, non fra moltissimo e neanche necessariamente, le leggi le faranno loro, senza bisogno di affrontare militarmente nessuno, tantomeno un popolo che si è già condannato all'estinzione, estinzione demografica ma soprattutto culturale e di valori. Di fronte ad un modello religioso forte come quello musulmano non solo la Francia ma l'Europa intera non ha nulla da opporre.



Perché se è vero che non si vede all'orizzonte un nuovo Carlo Martello è anche vero che in tutti questi secoli l'Occidente ha portato a termine un piano di suicidio identitario che ha trasformato i suoi popoli in masse informi.



Cito lo psichiatra Vittorino Andreoli:”L'uomo di oggi galleggia su una società liquida, scivola sulla propria pelle, non ha più anima. E rischia di morire: di bellezza, di stupidità, di potere,di denaro. Eppure non è questo l'uomo e non è questo il mondo.” In termini più concreti si è espresso un amico su un social:”Detto in soldoni,siamo senza futuro. Guardiamo avanti, non vediamo niente e ne abbiamo paura. Ho la sensazione che l'uomo di oggi abbia una paura fottuta, una paura che si vergogna di confessare persino a se stesso. Una paura che nasconde con la scusa del potere, magari anche piccolo piccolo, e del denaro, magari anche poco poco. Un uomo incapace di amare, di insegnare ai figli e di imparare dai genitori, che attribuisce un prezzo a tutto ma valore a nulla. Un uomo pieno di inganni fatti e subiti, prossimo ad affogare nelle proprie menzogne. Tanto preso dalla lotta per la bella casa, per la macchina di lusso, per il posto prestigioso da mantenere sulla pelle del collega da arrivare a seppellire Dio sotto ad una manciata di quattrini.”



Come ci siamo ridotti lo stiamo dimostrando anche adesso, in occasione di questa pandemia che ci ha sconvolti non solo come società ma anche come individui: siamo letteralmente impazziti, abbiamo perso qualsiasi capacità di reazione razionale e sensata, obbediamo come burattini ad ordini e contrordini di una stupidità tale come neanche in un film comico si potrebbe immaginare; abbiamo soffocato la nostra pietà, la nostra umanità per dar libero sfogo al nostro egoismo, pronti solo a colpevolizzarci gli uni con gli altri alla ricerca di una purificazione e di una tranquillità personali.



Forse siamo davvero alla fine della Civiltà Occidentale: tolto il collante ci siamo sfaldati disordinatamente; Baumann parlava di “modernità liquida”, ma noi non siamo liquidi,siamo liquefatti, che è ben diverso.



Nel trecento una feroce epidemia di peste si portò via la metà o forse più della popolazione europea; i sopravvissuti, pur tra mille difficoltà, ridiedero vita alla nostra civiltà.



Se capitasse un evento simile adesso gli scampati al bacillo morirebbero di paura.



Ecco cosa ci contraddistingue: la paura; sul suo altare abbiamo sacrificato la nostra umanità e la nostra libertà.



Ieri avevamo paura della crisi economica,oggi di un virus,domani chissà di cosa;arriveremo al punto che saremo noi a cercare qualcosa di cui aver paura e ad offrire sempre più di noi a chi saprà darci un rimedio ad essa. Ci terranno in una prigione perpetua e noi li ringrazieremo.



 



Claudio Pretari




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