domenica 15 novembre 2020
Politica e economia
Eclissi o tramonto della Costituzione italiana?
Perchè i DPCM di Conte sono illegali...

Appare addirittura abnorme doversi occupare di un tema quale il rapporto tra articoli della Costituzione ed un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (qui di seguito DPCM) o per meglio dire, di quella serie di DPCM con i quali, a partire dal mese di marzo 2020, l’attuale Governo ha affrontato la situazione venutasi a creare con la diffusione nel nostro Paese del virus COVID 19. Il DPCM, infatti, è un atto amministrativo (che – come tale – non ha forza di legge), avente come finalità quella di dare attuazione a disposizioni legislative. Secondo la stragrande maggioranza dei giuristi le libertà fondamentali dei cittadini, quali la libertà personale (art. 13 Cost.), la libertà di circolazione (art. 16 Cost.) e la libertà d’iniziativa economica (art. 41 Cost.) possono ovviamente subire limitazioni, in una situazione eccezionale come quella che stiamo vivendo, in quanto soccombono di fronte al superiore interesse alla tutela della salute pubblica. Questo però deve necessariamente avvenire mediante legge o almeno mediante un atto avente forza di legge .



Questa fondamentale garanzia costituzionale e democratica non può trovare una deroga neppure in forza della situazione emergenziale in cui ci siamo trovati (o in cui ci hanno cacciati). Vi ostano infatti almeno due fondamentali ragioni:



- la prima il fatto che il nostro sistema istituzionale offre espressamente agli addetti ai lavori gli strumenti per poter legiferare in condizioni di assoluta urgenza, ossia i decreti legge (ed i decreti legislativi). La differenza con i DCPM è fondamentale: infatti mentre l’atto legislativo (e nello specifico il decreto legge), pur entrando immediatamente in vigore, viene assoggettato ad una serie di controlli previsti proprio dalla Costituzione (approvazione delle due Camere, promulgazione del Presidente della Repubblica, eventuale sindacato da parte della Corte Costituzionale), il DPCM, quale atto amministrativo sfugge a qualsiasi controllo da parte del potere pubblico e costituzionale, se non quello del possibile sindacato innanzi al giudice amministrativo entro gli stringenti termini di impugnazione previsti dal codice del processo amministrativo. Ed è per questa ragione che, come sopra anticipato, disposizioni finalizzate a limitare, quand’anche fosse per motivazioni condivisibili, libertà fondamentali espressamente garantite dalla Costituzione, tra tutte la libertà di circolazione, ma anche la libertà di riunione, la libertà religiosa, il diritto/dovere all’istruzione, la libertà di iniziativa economica, sino a limitazioni addirittura alla libertà personale di movimento, devono avere necessariamente carattere di legge o di atto avente forza di legge.



- La seconda perché la situazione della pandemia in Italia oggi non appare giustificare un simile stravolgimento dell’assetto costituzionale. Non vi è stato un collasso delle Istituzioni (il Parlamento è operativo e può legiferare, la Magistratura è comunque funzionante, le Forze dell’Ordine stanno adempiendo ai loro doveri…) ed i numeri delle persone “contagiate” (poco più del 2% dell’intera popolazione) e delle vittime (con una letalità scesa a poco più dell’1% degli ammalati) fanno ragionevolmente ritenere che tale collasso non vi sarà.



Siamo quindi di fronte ad un progetto – a mio avviso concepito e diretto fuori dal nostro Paese – per un rimodellamento delle nostre società in senso totalitario. Noi non siamo più titolari di diritti inalienabili che possono essere compressi solo su decisione di Parlamenti sovrani, ma indirizzari di dichiarazioni di buone intenzioni che possono essere modificate o annullate con un semplice tratto di penna del Capo del Governo di turno, si chiami Conte o Salvini poco importa. Se nel Paese, e direi nel mondo occidentale, non si comprenderà la natura e gli scopi di questo progetto e non vi sarà un’adeguata reazione noi potremo dire addio al mondo come lo abbiamo conosciuto e riconoscere che Orwell, sia pure con trentasei anni di ritardo, ci aveva visto giusto.



Mario Villani




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