domenica 30 agosto 2020
Esteri
Ottomani e Panturanici
L’azione geopolitica della Turchia di Erdogan si concreta nella fusione degli obbiettivi di ricostruzione di un Califfato ottomano con l’utopia panturanica del programma dei Giovani Turchi. Il ruolo di Israele. La rotta di collisione con l’Iran.

Ci siamo soffermati in un precedente articolo sull’attivismo preoccupante del regime turco nelle ex colonie italiane in Africa. Lo sviluppo di questo intervento non ha subito battute d’arresto. Gli accordi con il governo libico di Tripoli hanno portato all’apertura di una base navale turca a Misurata e alla definizione di una zona economica esclusiva turco\libica che lede gli interessi di quasi tutti i paesi dell’area del Mediterraneo orientale tra cui Egitto e Grecia. In Libia la minaccia di un intervento diretto dell’esercito egiziano e della fornitura di aerei moderni, nonché di piloti, da parte della Russia, tramite la Siria, ha portato allo stabilirsi di una tregua e alla possibilità non so quanto realistica che si tengano elezioni generali. Più probabilmente ad un consolidarsi della opzione di spartizione della Libia in due o tre stati distinti. Con la Grecia la tensione è altissima Le due marine militari si fronteggiano nell’Egeo e in Tracia esercitazioni militari massicce si susseguono dalle due parti del confine. In Siria l’espansione “ottomana” verso sud appare definitivamente bloccata. La presenza russa divenuta sempre più solida e duratura impedisce ogni ulteriore avanzata e comunque gli Arabi hanno una atavica diffidenza verso i Turchi avendone subito il pesante dominio coloniale. A riprova di questo Ankara sta progressivamente svuotando la provincia di Idlib, unica rimasta sotto il suo controllo, dai combattenti jihadisti trasferendoli in parte in Libia e in parte in Azerbaigian dove andrebbero a sostenere la guerra contro l’Armenia. Proprio questa ultima mossa apre una nuova prospettiva nella politica “imperiale” del regime di Erdogan. Si riapre infatti la spinta turca verso l’Asia centrale abitata da popoli turcofoni. Questa direttrice si ispira all’ideologia Panturanica promossa, alla metà del XIX secolo, da alcuni intellettuali turcofoni e finanziata da Londra che pensava in tal modo di creare difficoltà agli Zar nella loro espansione verso sud in quello che poi venne chiamato “Il Grande Gioco”. L’dea di una grande nazione che riunisse tutti i popoli di lingua turca faceva parte delle aspirazioni di Enver Pascià e dei “Giovani Turchi” e poi di Ataturk che cercò anche di darle una realizzazione pratica sostenendo la rivolta centroasiatica dei Basmaci sino a quando l’Armata Rossa, negli anni 30 del secolo scorso non vi pose fine occupando definitivamente l’emirato di Bukhara. Una seconda ondata di Panturanesimo agitò i governi di Ankara dopo la dissoluzione dell’URSS. Ma venne frustrata dalla diffidenza delle classi dirigenti delle neonate repubbliche dell’Asia centrale tutte costituite da ex nomenclaturisti sovietici nei confronti di un membro della NATO. A facilitare i rapporti intervenne Israele che intratteneva e intrattiene rapporti molto stretti con Azerbaigian e Turkmenistan. Ed è proprio con questi ultimi che ha preso ora avvio la nuova fase di panturanismo del regime turco. Le due repubbliche hanno intrapreso ora una fase di riarmo intensissima che è comprensibile per l’Azerbaigian visto il suo contenzioso con l’Armenia, ma non lo è per il Turkmenistan che sta intraprendendo un riarmo navale sul Caspio dove a rigor di logica, dopo il trattato del 2018 in cui venivano regolate le competenze economiche e le frontiere marittime dei 5 stati rivieraschi, non dovrebbe avere contenziosi con nessuno. Questo riarmo navale è spinto da Ankara che vende i prodotti dei suoi cantieri e e in questo modo realizza la sua penetrazione politica. Appare chiaro quindi che Erdogan sta procedendo su un cammino che fonde le prospettive di un nuovo “Impero Ottomano” che ripristini un califfato “legittimo” con la mediazione dei Fratelli Musulmani, fuso con una prospettiva panturanica che riunisca tutti i turcofoni dell’Asia centrale. Questa prospettiva cozza duramente con gli interessi della Federazione Russa, con quelli Cinesi che vedrebbero la “Nuova Via della Seta” controllata nel suo asse terminale con una inaffidabile potenza islamica, che fra l’altro strizzerebbe l’occhio agli Uiguri che sono turco\mongoli, e inaspettatamente con il nuovo corso della politica iraniana che sembrerebbe puntare ad una riedizione dell’Impero Persiano mascherato da mezzaluna sciita. Ma di questo parleremo in un prossimo intervento.

Scipione Emiliano

 




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