sabato 18 luglio 2020
Cultura e società
Covid 19
e chiudiamo il capitolo

Appesa in studio,insieme a quadri,bacheche e quant'altro, ho una stampa che mi fu regalata più di trent'anni or sono, ancora studente,da un informatore farmaceutico.



Niente di valore di mercato, tanto valore per il contenuto;una cosa semplice,un bianco e nero a descrivere un paesaggio di campagna dell'America anni '40:degli alberi sullo sfondo, un prato incolto, una staccionata ad indicare una casa e una famiglia e in primo piano un uomo in giacca e cravatta,con una borsa inconfondibile in mano, un medico che sta andando a visitare un malato.



Un'immagine che può far sorridere ai giorni nostri, una figura ormai sorpassata dal progresso e dalla tecnologia che in campo medico sembra non dar più spazio all'uomo.



Oggi al minimo disturbo entri in un circolo magico-vizioso fatto di prelievi, analisi, biopsie, scopie, tac, rmn; ti succhiano,ti mutilano,ti irradiano,ti deflorano in tutti i tuoi buchi.



Non sei più una persona, sei una caccia al tesoro; se ti trovano qualcosa sei quasi contento, almeno finisce la tortura.



Alla fine c'è sempre uno specialista, un luminare, un professorone che ti lascia cadere una sentenza, non una diagnosi, come se fosse un colpo di ghigliottina.



Sanno tutto, loro, non possono sbagliare, hanno a disposizione dei macchinari di ultima generazione, fanno esami il cui solo nome incute sgomento,e tu non ti devi preoccupare, perché sei in buone mani, non c'è più nulla di segreto per la scienza moderna.



Poi,però,a un certo punto,l'imprevedibile, il granellino che riesce a inceppare questo stupendo meccanismo trionfale...un granellino invisibile, fatto di poche catene di piccoli mattoncini,chiamiamolo, non so...lo “stronzino”,con un termine mutuato dalla fisica.



In medicina lo chiamano “virus”,ma non uno qualunque, un accidenti secco che, all'improvviso, mette in crisi tutte le certezze, fa crollare il castello di carte con una violenza inaudita.



In un attimo si sgretolano tutte le nostre sicurezze,ci ritroviamo inermi in balia di un microscopico nemico che non sappiamo interpretare, controllare e soprattutto sconfiggere.



E' il panico: i generali , che tanto si erano dimostrati sicuri nelle parate e nelle grandi manovre,sul campo di battaglia diventano preda dello sconcerto generale,non sanno più cosa fare se non dare ordini a casaccio,spesso in contrasto fra loro,con risultati catastrofici; è la Canne della medicina,di una struttura sanitaria nazionale che,abbandonata ai giochi della politica e del guadagno,non regge l'urto di un attacco improvviso.



Ma nel disastro totale,nel fuggi fuggi generale,quando ormai il sistema è allo sbando,qualcuno non si arrende,non si lascia prendere dalla paura e dallo sconforto,non abbandona il campo di battaglia.



“Res ad triarios rediit”dicevano i Romani:quando le sorti della battaglia sembravano segnate ci si rimetteva al valore dei triarii,quelli dell'ultima linea,i veterani di mille battaglie.



E i nostri triari sono stati i medici di base,quelli che,in mezzo alla confusione mediatica ed all'incertezza scientifica hanno mantenuto il sangue freddo di chi tutti i giorni è sul campo di battaglia.



Hanno avuto la lucidità di valutare,di farsi domande,di non lasciarsi deviare ed allontanare dal giusto operare anche se la cosa li esponeva a rischi di ogni genere.



Alle disposizioni governative che li voleva chiusi nei loro ambulatori,pedissequi operatori di strategie terapeutiche insensate,hanno risposto con “scienza e coscienza”,hanno fatto quello che ritenevano il loro dovere in obbedienza al giuramento prestato.



I risultati sono stati stupefacenti:in contrasto con l'ecatombe a cui abbiamo assistito nelle strutture ospedaliere trasformate in lazzaretti,con conseguenze catastrofiche anche per lo stesso personale sanitario,che si è letteralmente immolato nell'adempimento del proprio dovere,i pazienti curati a casa,tempestivamente e incessantemente,da una piccola schiera di medici di base,hanno avuto percentuali di guarigione altissime.



Nel comune di Nembro, un giovane medico siciliano ha continuato incessantemente la sua missione.



Non ricordo il suo nome,ma ricordo la foto pubblicata sui social:una persona semplice,avulsa dalle vetrine a cui sembra tengano tanto i tanti tromboni della scienza.



Il suo operare silenzioso ma coscienzioso gli ha permesso di salvare tutti i suoi pazienti.



Come lui tanti altri sconosciuti,che alle chiacchiere hanno preferito i fatti.



A loro il mio grazie,anche se non vi conosco d'ora in avanti vi vedrò ogni volta che guarderò quella semplice stampa appesa nel mio studio;voi siete la dimostrazione che,al di là dei falsi miti che ci vengono proposti dalla società contemporanea,al centro di tutto resta sempre la persona.



 



Claudio Pretari




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