venerdì 27 marzo 2020
Cultura e società
Nella notte buia
Tante piccole fiammelle di speranza

Cari amici,in un momento così infelice per quello che tante persone stanno passando,mi perdonerete se mi limiterò a scrivere solo una breve considerazione su un fatto di cronaca che mi ha colpito profondamente e mi ha dato speranza.



Però parto da lontano,dai banchi del liceo. Quanti di noi si son dovuti sciroppare per intero I Promessi Sposi? Un capolavoro della letteratura mondiale,senza dubbio,ma anche un capolavoro di pazienza per tantissimi adolescenti che, in preda a furori ormonali,trovavano molto più interessanti altri argomenti ed altri tipi di capolavori.



Io entravo in pieno in questa categoria e infatti per me la lettura fu qualcosa di noioso,tranne che per alcuni episodi,in particolare la descrizione della peste di Milano.



Durata all'incirca quattro anni,dal 1629 al 1633,e diffusasi anche al Granducato di Toscana ed alla Svizzera,fece più di un milione di morti.



Il racconto che Manzoni ne fece rese benissimo la tragicità dei fatti,con la caccia agli untori(quelli che oggi girano senza mascherina),i monatti che raccoglievano morti e moribondi insieme e il Lazzaretto, un luogo descritto come una sorta di girone infernale sulla terra.



Questa fu senz'altro la pestilenza più famosa,ma Milano la peste l'aveva conosciuta anche nel secolo precedente.Ne fu interessata,infatti,anche nel 1576-1577. In tale occasione l'Arcivescovo di Milano,Carlo Borromeo,se ne andò in processione per la città, a piedi nudi,con in mano la reliquia del Santo Chiodo inserita in una croce di legno costruita appositamente.



Com'è,come non è,la peste si placò,Carlo fu santificato laicamente dal popolo e l'epidemia venne ricordata come la peste di San Carlo.



Ora,devo fare ammenda della mia ignoranza nei confronti del Santo,di cui,al di là della gigantesca statua,poco o nulla conoscevo.



Carlo Borromeo nacque in una famiglia di altissima nobiltà.Non ancora ventenne aveva inanellato una serie di incarichi di altissimo livello impensabili per una persona sola e di quell'età.



Nella sua posizione aveva aperte tutte le strade:quella civile,acclamato e richiesto dal popolo per continuare le tradizioni di famiglia,e quella religiosa,(Lo zio materno fu Papa col nome di Pio IV).



Scelse la seconda,fu personaggio sempre di altissimo livello all'interno della Chiesa,tanto autorevole da far prendere al successore dello zio lo stesso nome:San Pio V,altro colosso.



Nel 1580 ricevette la prima comunione dalle sue mani un altro grande santo,San Luigi Gonzaga,fanciullo come lui di nobili natali,di grandissima fede ma non di uguale destino.



San Luigi Gonzaga muore infatti a 23 anni in seguito al contagio mentre,durante un'epidemia di peste a Roma,porta soccorso e conforto ai malati.



Se ci fermiamo un attimo a pensare a queste due figure,e le analizziamo con i criteri dell'uomo moderno,sono due folli. Avrebbero potuto avere la vita migliore e più comoda,tra lusso,agi e divertimenti;invece uno si butta in un'attività ininterrotta al servizio della Chiesa e dei più poveri,l'altro non riesce a non vedere il volto di Cristo nell'ultimo dei sofferenti e va incontro alla morte.



Si,forse erano davvero dei pazzi,ma di quanti pazzi così avremmo bisogno adesso,giganteschi fari nel buio di questi momenti.



Beh,fari magari no,ma qualche fiammella si è accesa,tante piccole fiammelle di sacerdoti che questo virus si è portato via,di sacerdoti che continuano la loro missione tra gli ammalati,per non lasciarli soli,per confortarli,per accompagnarli negli ultimi istanti.



Ho sentito anche di una colletta fatta in un paesino per comprare il respiratore al loro parroco ammalato;li ha ringraziati,ma l'ha donato a qualcuno che ne aveva più bisogno di lui.



Ho letto spesso in questi giorni, sui social, post di persone che chiedevano quanto avesse donato la Chiesa per l'emergenza,con tutto l'oro che possiede nei suoi caveaux.



Eccole le ricchezze che la Chiesa sa mettere in campo in questo momento,aiuti ed esempi di valore inestimabile,ricordiamoci sempre di loro nelle nostre preghiere.



 



Claudio Pretari




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