lunedì 25 marzo 2019
Storia
La vera Riforma
La risposta dei Cattolici al dilagare del protestantesimo

Non c'è dubbio che l'espressione Controriforma contenga un equivoco di fondo. Con questo termine si è voluto indicare l'insieme delle misure ecclesiastiche, teologiche e financo politiche promosse dalla Chiesa per far fronte all'espandersi del protestantesimo. Ma a ben vedere si tratta di una descrizione che non rende un buon servizio alla verità dei fatti e nasconde un’intenzione denigratoria verso uno degli eventi più significativi nella storia della Chiesa.



In fondo si tratta di una vittoria della storiografia protestante che facendo passare l'espressione Controriforma nel linguaggio comune e nei libri di storia ne ha svilio la portata e l'ha ridotta a un semplice fenomeno repressivo nei confronti della minaccia luterana.



Per contro quella che viene definita “Riforma” (protestante) è immancabilmente presentata come un avvenimento positivo che ha segnato l'emancipazione spirituale e dei costumi di tanti paesi del nordeuropa contro il dogmatismo e l'intolleranza cattolica.



Insomma un cambio di carte in tavola degno del migliore baro per negare ciò che dovrebbe apparire in tutta la sua evidenza: quella che ha compiuto Lutero e i suoi epigoni ed è arrivata ai giorni nostri con il termine “Riforma” fu una rivoluzione all'interno della Chiesa con lo scopo di mutarne l'essenza e in ultima analisi di distruggerla.



Si sa del resto che le rivoluzioni per loro natura sono dei rivolgimenti totali il cui obiettivo è spazzare via tutto quanto c'era prima. La riforma - quella vera - si limita invece a restaurare ovvero a operare un rinnovamento senza rinnegare ciò che esiste e si è formato nel corso del tempo. Magari si esegue una sana potatura sfrondando qualche ramo secco, ma esclusivamente perché l’albero cresca ancora più solido e sano.



È questo del resto lo spirito che ha animato la Chiesa nei suoi venti secoli di vita. Il motto “Ecclesia semper reformanda” sta ad indicare questa volontà di riformarsi per rendersi sempre più fedele al proprio Fondatore. E anche quando, nella sua lunga storia, la Chiesa si è vista minacciare il suo corpo dai morbi più disparati, essa non ha cercato di inventarsi strane medicine ma ha trovato nel proprio DNA e segnatamente nel proprio sistema immunitario - costituito principalmente dalla grazia divina - il rimedio per farvi fronte.



Pur dinnanzi a un’epidemia devastante quale fu il protestantesimo la Chiesa non si fece cogliere impreparata dando corso a una fase di profonda riforma prima ancora che le tesi del monaco tedesco si estendessero a macchia d'olio in una buona fetta d’Europa. Il XVI secolo si aprì con la convocazione del Concilio Laterano V il cui scopo precipuo fu la riforma della disciplina e dei costumi all’interno dell’Orbe cattolico.



Eppure, com’è successo tante volte nel corso di due millenni, la realizzazione della vera riforma fu possibile non soltanto per l’intervento della Gerarchia ma anche per l’azione di un gran numero di uomini votati alla santità di cui il Cinquecento sembrò particolarmente fecondo.



Perciò’ la vera Riforma si sviluppò attraverso due linee convergenti. La prima fu quella promossa dal papa e dai vescovi e culminò nel Concilio di Trento. La seconda linea ebbe come protagonisti sacerdoti, monaci o semplici laici i quali, grazie a una vita esemplare unita a una straordinaria operosità e chiarezza d’idee, seppero dare nuovo slancio alla Chiesa.



La fioritura di un gran numero di ordini andava giustappunto in questa direzione. Basterà fare alcuni esempi come quello della congregazione dei teatini fondata da Gaetano di Thiene con l’obiettivo di perseguire la santità sacerdotale e aiutate i poveri. O considerare il clima di fervore spirituale che si creò attorno al chiostro di San Barnaba a Milano dove vide la luce l'omonimo ordine che si occuperà dell’educazione dei giovani in difficoltà. La diocesi ambrosiana sarà tra l’altro uno dei centri più importanti della Riforma grazie a una figura di vescovo santo quale il cardinale Carlo Borromeo.



In questo elenco - peraltro incompleto - non può mancare l'ordine che più di ogni altro venne identificato con le riforme tridentine e per questo motivo fu il più odiato dai nemici della Chiesa. A istituirlo fu un soldato basco, Ignazio di Loyola, convertitosi dopo essere rimasto ferito nel corso di una battaglia. La Compagnia di Gesù, anticipando tanti contenuti del Concilio di Trento, si prefiggeva di “combattere per Dio sotto la bandiera della Croce e di servire unicamente il Romano Pontefice suo vicario in terra”.



Tra i primissimi compagni d’avventura di Ignazio ci fu un altro personaggio destinato a lasciare un segno indelebile nella storia della Chiesa per la sua opera di evangelizzazione. Si trattò di Francesco Saverio, un cattolico che prese sul serio l’invito di Cristo di convertire e battezzare tutte le nazioni e per questo affrontò viaggi e peripezie di ogni genere al fine di portare il Vangelo a popolazioni lontanissime e a volte sconosciute. Un missionario vero mosso dallo zelo di affidare il maggior numero di anime a Dio. Detto come va detto, niente a che vedere con chi, sempre più spesso ai nostri tempi, riduce la missione all’attività di una qualsiasi ONG.

Accanto a questi uomini di azione non mancarono coloro i quali nella preghiera e nel nascondimento sostennero le grandi opere cattoliche quasi a voler ricordare che le riforme più autentiche si attuano riconoscendo il primato della contemplazione. L’afflato mistico di San Giovanni della Croce e Santa Teresa d’Avila segnò fortemente la Spagna di quel tempo rendendola il principale centro della rinascita spirituale in Europa.



Benché lungo e segnato da intoppi di ogni genere, il Concilio di Trento fu un evento provvidenziale per la Chiesa; così importante che i suoi effetti si faranno sentire nei secoli successivi. Nel corso di questa assise non si presero in considerazione quelle teorie tanto di moda oggi in certi ambienti clericali secondo cui si deve adattare la dottrina allo spirito dei tempi, ma al contrario ci si preoccupò di definire una volta per tutte quei dogmi che venivano apertamente negati dai protestanti.

I teologi di Trento passarono al vaglio tutta la dottrina cattolica senza trascurare quelle criticità nell'ambito della disciplina ecclesiastica che avevano minato la credibilità di taluni pastori nell'esercizio del loro ministero.



L'applicazione dei decreti tridentini fu affidata alla sapienza di un papa come Pio V il quale verrà beatificato nel secolo successivo anche per il coraggio con cui seppe guidare la Chiesa in un periodo di passaggio così delicato.



Il Concilio di Trento aveva colto due obiettivi importanti. Innanzitutto il raggiungimento di una compattezza dottrinale e organizzativa che sgombrava il campo da qualsiasi possibilità di confusione o di compromesso con le altre confessioni. L'assise tridentina segnò poi un rafforzamento dell'autorità pontificia e di conseguenza un consolidamento della struttura unitaria attorno alla figura del Papa.



Intendiamoci: non si trattava di quel bizzarro culto della personalità di cui gode oggigiorno l'uomo vestito di bianco, bensì una doverosa sottolineatura della peculiarità del ministero petrino e del suo primato nel governo della Chiesa a prescindere dalla persona che incarna questa istituzione.

Da un po' di tempo infatti è tutto cambiato. Oggi quelli che contestano il primato di Pietro ritenendolo anacronistico o in nome di una maggiore collegialità, non di rado sono gli stessi che esaltano la persona del Papa magari perché dice cose che piacciono a tutti o si fa portabandiera di riforme gradite a un certo establishment.



Come abbiamo visto le vere riforme hanno invece un filo conduttore ben preciso: la santità. È sempre stato così nel corso della millenaria storia della Chiesa e la Riforma cattolica del Cinquecento non ha fatto eccezione. Anzi, quell'evento ha dimostrato una volta di più che la fedeltà alla dottrina di sempre è la condizione necessaria affinché si raggiungano dei risultati buoni e duraturi. È l'ortodossia che fonda l'ortoprassi; diversamente si rischiano clamorosi fallimenti.



 



Massimo Scorticati



 



 



 




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