domenica 10 febbraio 2019
Storia
Mayerling
Storia di un mistero

Parlare di Mayerling significa inevitabilmente tirare in ballo per una volta in più uno dei maggiori enigmi della secolare storia asburgica. Una delle vicende che ha colpito e - pure a distanza di 130 anni - continua a colpire la fantasia popolare. E ciò non soltanto perché il principale protagonista fu un personaggio importante - l'erede al trono di un impero prestigioso - ma anche per il carattere singolare di questo caso in cui si mischiano i contorni del giallo, del thriller e naturalmente del dramma d'amore.



Non è un caso che la triste fine del principe Rodolfo e della sua giovane amante Maria Vetsera sia una di quelle vicende sulle quali non si sono spenti i riflettori e i due spasimanti continuino a far parlare di sé ispirando romanzi, pièce teatrali e film.



Mayerling non è che un piccolo paese immerso nel Bosco Viennese a circa 25 chilometri dal centro della capitale austriaca. All'epoca dei fatti contava appena 114 abitanti, per lo più contadini e boscaioli con qualche piccolo proprietario. Quando il 20 ottobre 1887 Rodolfo vi inaugurò il suo casinò di caccia alla gente del luogo dovette sembrare un evento memorabile perché a partire da quella data passarono di là dei veri e propri pezzi grossi come teste coronate, giovani rampolli di sangue blu e politici famosi: gente che nessuno si sarebbe immaginato di vedere da quelle parti. Proprio in quel castello dove si svolgevano feste, battute venatorie e incontri amorosi è andato in scena il giallo che ancora oggi fa di Mayerling la meta di un “pellegrinaggio” ininterrotto di curiosi, attratti dalla misteriosa e drammatica fine dei due celebri amanti. Su quella che è stata definita la tragedia di Mayerling esistono grosso modo due filoni interpretativi. Il primo privilegia la pista sentimentale riconducibile all'amore impossibile tra l'erede al trono già “sistemato”, in quanto marito nonché padre di una bambina in tenerissima età, e la giovane baronessa perdutamente innamorata ma forse anche a caccia di “sistemazione” tra le altissime sfere dell'aristocrazia viennese.



Proprio l'impossibilità di dare un futuro alla loro relazione sarebbe il motivo della decisione di farla finita una volta per tutte attraverso la modalità dell'omicidio-suicidio: Rodolfo avrebbe prima ucciso la Vetsera e poi si sarebbe tolto la vita sparandosi un colpo alla tempia.



A supporto di questa tesi vi sarebbero le lettere scambiate tra i due partner in cui manifestano la volontà di porre in essere il folle gesto. Una decisione presa di comune accordo per trovare una via d'uscita tanto eclatante quanto disperata al loro ménage. Tra l'altro qualche giorno prima Rodolfo regalò alla sua Maria un anello con inciso l'acronimo di una romantica dichiarazione: “uniti nell'amore fino alla morte”. Parole, che alla luce di quanto accadrà di lì a poco, si riveleranno tutto un programma.



Sempre di quei giorni concitati che precedettero la fine è stato riferito di un burrascoso incontro in cui Francesco Giuseppe rimproverò severamente il figlio per aver scritto al Papa richiedendo l'annullamento del proprio matrimonio. Un atto ritenuto del tutto imprudente dall'imperatore poiché lo metteva alla berlina dinnanzi alla Chiesa nel suo ruolo di capo di uno Stato cattolico e poteva aprire un caso diplomatico dalle conseguenze imprevedibili.



Sull'interpretazione di quanto è avvenuto a Mayerling esiste però anche un'interpretazione “politica” che, sia pure con accenti diversi, vedrebbe Rodolfo al centro di un complotto ungherese per rovesciare l'imperatore in carica. Se per alcuni, l'erede al trono ebbe una parte attiva in questo complotto, per altri ne fu al contrario una vittima o per lo meno un protagonista involontario.



È quest'ultima la tesi dell’imperatrice Zita, secondo la quale, Rodolfo, una volta venuto a sapere della congiura che lo avrebbe portato al trono, non soltanto si rifiutò di parteciparvi ma denunciò pure i cospiratori. Un'azione che avrebbe decretato la sua condanna a morte camuffata dalla messinscena amorosa di Mayerling. Se Rodolfo non aveva mai nascosto le sue simpatie filo-magiare così come l'ostilità verso l'alleanza dell'Austria con Berlino, l'ipotesi del complotto ungherese non è ancora stata provata dai fatti, per quanto essa abbia sostenitori accreditati.



Lo storico François Fejt? ha scritto che proprio il tentativo di riformare la Monarchia e di spezzare l'asse austro-tedesco per privilegiare l'alleanza con la Francia sia all'origine dei fatti di Mayerling. Il direttore di uno dei giornali viennesi più popolari all'epoca, nonché amico stretto del principe ereditario ha rivelato di essere stato testimone diretto di alcuni incontri segreti tra Rodolfo e Clemenceau, influente politico transalpino e futuro presidente del consiglio. Incontri che evidentemente prefiguravano l'intenzione di mettere in atto un clamoroso rovesciamento delle alleanze e un’inversione di tendenza nella politica estera austriaca, una volta che Rodolfo avesse raggiunto la testa della Duplice Monarchia.



Su quanto accadde quella notte del 30 gennaio a Mayerling e in specie su come morirono i due amanti esistono tante versioni differenti, spesso palesemente in contrasto tra di loro. Secondo uno dei resoconti più accreditati Rodolfo si sarebbe sparato a bruciapelo un colpo alla tempia, forse dopo aver lottato con il suo cameriere personale che tentò in ogni modo di fermarlo. Il principe ereditario fu trovato con il cranio fracassato e la mano penzolante dal letto con la pistola ancora in pugno.



Sopra il letto di morte di Rodolfo campeggiava ancora il quadro che ritraeva Ludovico di Baviera, il cugino di sua madre Elisabetta. Una figura assai bizzarra di monarca i cui ideali stravaganti e romantici assomigliavano molto a quelli dell'erede al trono austriaco. Anche il re bavarese, affetto da una forma conclamata di pazzia, finirà i suoi giorni togliendosi la vita.



La morte della Vetsera invece sarebbe avvenuta qualche ora prima in seguito ad ingestione di veleno. Particolari confermati sia dal medico personale dell'imperatore e sia da Katharina Schratt, la celebre attrice viennese parecchio addentro alle faccende di corte per via dei suoi chiacchierati rapporti con Francesco Giuseppe.



Il fatto stesso che nella stanza occupata dai due amanti venne rinvenuto un solo bossolo di proiettile accrediterebbe l'ipotesi secondo cui la giovane baronessa non sarebbe morta a causa di un colpo d'arma da fuoco bensì in un modo differente. Qualcuno ha sostenuto che lei fosse incinta e la circostanza del suo ritrovamento in un lago di sangue potrebbe essere la conseguenza di un aborto eseguito in modo maldestro.



Senza dubbio in tutta questa faccenda ci troviamo di fronte a non poche zone d'ombra e la circostanza che diversi documenti andarono distrutti, o in alcuni casi furono fatti sparire non ha aiutato ad una ricostruzione certa di quanto successe. Anche le versioni sull'accaduto da parte dei testimoni o di chi sapeva non sono univoche e ciò rappresenta anche la spia di come la notizia di questa tragedia, che aveva fatto il giro d'Europa, fu gestita in modo piuttosto approssimativo dall'entourage di Francesco Giuseppe.



L'imbarazzo della corte di Vienna di fronte a questi fatti fu così evidente che in un primo tempo i comunicati ufficiali parlarono di un colpo apoplettico che aveva stroncato l'erede al trono, senza peraltro menzionare la baronessa Vetsera che fu sepolta in fretta e furia nel monastero di Heiligenkreuz. Soltanto nei giorni successivi emerse la verità ponendo più di un dubbio sulla possibilità di poter svolgere le esequie come conviene a un Asburgo. Nonostante la dottrina cattolica negasse il suffragio religioso ai suicidi, Leone XIII autorizzò la celebrazione del funerale in Chiesa forse tenendo conto dello stato di alterazione mentale in cui agì Rodolfo. L'unico prelato che si oppose alla concessione della sepoltura cattolica fu il cardinale Rampolla del Tindaro, il quale quattordici anni più tardi pagò questa presa di posizione, unitamente alla sua politica anti-austriaca, con la mancata elezione al soglio pontificio a causa del veto opposto da Francesco Giuseppe durante il Conclave.



Qualcuno ha avanzato l'ipotesi che la tragica fine di Rodolfo abbia segnato l'inizio della fine del plurisecolare impero austriaco. I fatti di Mayerling rappresenterebbero una specie di “venerdì nero” degli Asburgo, il triste presagio di quanto sarebbe successo in seguito. Non senza una buona dose di determinismo si sostiene che senza Mayerling non vi sarebbe stato Sarajevo e quindi la Duplice Monarchia sarebbe potuta durare ancora, magari molto a lungo. Credo sia lecito avanzare più di un dubbio su queste teorie e non soltanto per rispetto del vecchio adagio “con i se e con i ma non si fa la storia”. Appare infatti assai difficile se non impossibile stabilire quale corso avrebbero preso gli eventi nel caso in cui Rodolfo fosse diventato imperatore.



Alla luce delle idee ultraliberali e razionaliste del figlio di Francesco Giuseppe casomai si può avanzare più di un dubbio circa il mantenimento dell'integrità territoriale della Duplice Monarchia e della sua natura di stato plurinazionale e cattolico. Basti pensare che furono proprio i governi delle nazioni in cui l'erede al trono ripose la sua fiducia che assesteranno qualche anno più tardi il colpo mortale alla Duplice Monarchia.



Ciò che successe nel casinò di caccia vicino a Vienna non è tanto la metafora del dissolvimento dell'impero asburgico quanto un drammone dai contorni psico- amorosi in cui la tormentata personalità di Rodolfo ebbe il ruolo di protagonista mentre la sua giovane amante fu investita della parte di vittima predestinata. Pare che in una lettera scritta in quelle ore e poi andata distrutta, l’erede al trono avrebbe chiesto a sua cugina, la contessa Larisch: “portami la piccola, ho bisogno di lei”.



Nella sua insoddisfazione esistenziale pesò molto probabilmente anche l'incapacità di non poter mettere in atto quelle riforme che la corte e soprattutto il padre avversarono. Da questo punto di vista Mayerling rappresentò per lui l'ultimo capitolo di una vita in bilico tra tensioni ribellistiche e problemi personali mai risolti. La vita dissoluta condita invariabilmente da donne, alcool e morfina non riuscì a placare la sua insoddisfazione per il ruolo di secondo piano a cui fu relegato e che lo portò all'amara confessione: “sono tra le persone ufficialmente meno informate di tutta l'Austria”.



 



Massimo Scorticati



 



 




Indirizzo email: info@appunti.ru

Contatore visite: 709.950